Hello down there

Il protagonista è Martin Scorsese, ma la scenggiatura l’avrebbe potuta scrivere Woody Allen. Un dialogo rapido, balbettante, serrato, brillante tra un vecchio regista e sua figlia, un setting già visto che tuttavia continua a funzionare. Lui ha in mente un film, il protagonista deve essere un sito; ed ecco che entra in scena l’Actors Studio: “come pensa un film, cosa desidera intimamente?” tutte domande imposte dal metodo e siccome Scorsese è un regista di metodo, per sapere cosa un sito vuole, un sito bisogna viverlo. Come impose al suo De Niro di prendere il tesserino da tassista per girare Taxi Driver. 

E allora la figlia Francesca decide di aiutarlo: se vuoi conoscere la natura di un sito, allora facciamolo insieme. Così si siedono e cominciano a impostarlo. Ed è interessante che venga qui rovesciato il paradigma della semplicità, che da “così facile che lo può fare anche un bambino” si trasforma in "così facile che lo può fare anche tuo nonno”. È il frutto dei tempi. 

Questo, per così dire, il dietro le quinte. Poi, in occasione del Super Bowl, è andato in onda quello che avrebbe dovuto essere l’oggetto della sceneggiatura, quindi il cortomeraggio vero e proprio: un sci-fi sullo sbarco degli alieni - uno sbarco che nessuno ha il tempo di notare, perchè tutti sono incollati ai loro telefonini (un po’ già vista eh). Quindi che idea hanno gli alieni per farsi notare? Fare un sito e comparire direttamente sui nostri smartphone: “It’s not real unless it’s on the internet”. 

Tutto bello dunque, ma ecco, forse un po’ macchinoso: il dietro le quinte che sembra scritto da Woody Allen, il corto che sembra girato da Steven Spielberg, il claim e il soggetto che rimandano a “Don’t look up” di Adam McKay. È come se Squarespace si fosse persa per strada un elemento non indifferente della campagna: Martin Scorsese. Perchè Scorse non c’è da nessuna parte, compare cioè come testimonial, ma rimane un volto, non una firma. Insomma, tutto funziona ma non torna, ed è un peccato. 

Ciò detto, sono felice col mio abbonamento annuale a Squarespace di aver contribuito a questo gioiellino che, nel circo della pubblicità sguaiata e americanissima del Super Bowl, è riuscito ad emergere per grazia e arguzia. 

Che poi, per quanto non sia un amante del genere, sarebbe bello se Scorsese finalmente facesse un film di fantascienza. Ma ecco, sembra che gli autori dello spot avessero inizialmente confuso Scorsese e Spielberg. Senza nulla togliere a "Incontri ravvicinati del terzo tipo”, ma se ingaggiate Scorsese, allora scrivete uno spot per Scorsese, no? Mannaggia a Netflix, mannaggia. 

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“Il linguaggio dello spirito”

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