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La lingua italiana regala anche di queste forme retoriche da diventarci pazzi. “Covare una febbre”, covare una brutta febbre. Covare, come una gallina, con cura, al caldo, col proprio corpo, con amore, in attesa che schiuda per prendersi la scena. Bisogna proprio essere italiani per concepire un’immagine così tenera riferendosi a una malattia. “La stavi covando da qualche giorno”, mi hanno detto, e ho pensato che forse è colpa mia che mi son preso la febbre, visto che me la sono coltivata, visto che l’ho nutrita, in seno, visto che l’ho covata, appunto. Non mi sono “preso un raffreddore” (to catch a cold), non è stato un incidente, me lo sono proprio andato a cercare e ho fatto di tutto affinché proliferasse e si prendesse la mia salute, almeno per qualche giorno. 

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