Un pozzo senza fondo
Sarebbe troppo facile ironizzare sull‘assenza di cinture di sicurezza in uno spot per la sicurezza stradale. Troppo facile - oltre che riduttivo - dare dell‘incompetente al ministro Salvini. Perché le verità sulle pubblicità progresso sono due: prima verità, le pubblicità progresso le hanno toppate tutti i governi da quando esiste la tv a colori; seconda verità, da quando esiste la tv a colori non hanno mai funzionato. Non c’è, a memoria d’uomo, uno spot istituzionale che sia servito a qualcosa, che si sia potuto definire “efficace” - dalle ondine fuchsia dell’AIDS allo spot sulla pirateria prima di ogni film prodotto negli ultimi trent’anni. Un paese dalla tradizione cinematografica dell’Italia non è riuscito, nell’arco di due generazioni abbondanti, a sfornare non dico due, ma un singolo prodotto audiovisivo che non fosse la parodia di sé stesso. Perfino i termini per definirli sono cambiati nell’arco di settant’anni: un tempo sarebbero stati definiti grotteschi, oggi si direbbe cringe - tanto è vecchio il problema. Uno sperpero di denaro pubblico inaudito, dove l’assenza di cinture di sicurezza (nel caso corrente) rappresenta soltanto l’elemento di errore più eclatante, perché è sbagliato anche tutto il resto. Sono lo specchio, questi spot che vorrebbero parlare ai più giovani, dei genitori medi italiani (quelli che queste porcherie le commissionano, scrivono, producono, realizzano), del loro stile educativo angosciante e vecchio: pigro paternalismo che non ci vuole nemmeno provare a prenderli sul serio, ma che si limita a scimmiottarli per luoghi comuni. Come “Open to Meraviglia”. Che doveva essere lo slogan per il turismo in Italia, invece rappresenta molto meglio la classe politica attuale: sempre pronta a stupirci con qualche nuovo portento. Un pozzo senza fondo. Lo suggerisco io uno slogan al ministro: “Italia, un pozzo senza fondo”. Che meraviglia.
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