Una macchina perfetta

Parlare di “fine dell’epopea Ferragnez”, come qualcuno oggi titola, è a dir poco miope. Chi ha seguito con attenzione l’arco narrativo della royal couple italiana sa che la separazione non è che il primo atto dello spartito.

L’universo narrativo di Ferragni e Lucia proprio ora ha la possibilità di spiccare il volo, essendosi liberato di uno sciocco errore di scrittura: il vincolo del matrimonio - un vicolo cieco che non poteva che rivitalizzarsi tramite la rottura. A maggior ragione in una fase calante dell’apprezzamento verso uno dei due protagonisti. Lei, abbandonata nel momento peggiore, è ora pronta per venire abbracciata nuovamente dal suo pubblico. Lui, invece, attenderà il momento migliore per fare outing nell’intervista del secolo, o magari al prossimo Sanremo. Si tratta soltanto di una proiezione, ma dovrebbe dare un’idea della forbice di opportunità creativa che si prospetta ai Ferragnez.

L’apparecchiatura è quella di un romanzo familiare vecchio stampo, pensato per risultare potenzialmente infinito, di generazione in generazione, tramite le beghe di protagonisti e pecore nere. Nella loro bolla italiana, Ferragni e Lucia - coscienti o meno - sono riusciti a imbastire una macchina perfetta, inscalfibile, resistente a qualsiasi urto, perfino agli scandali apparentemente fatali.

Si tratta di una partitura che andrebbe insegnata in ogni scuola di scrittura, se non ai corsi di marketing: una narrazione elicoidale in cui i percorsi individuali si intrecciano, si separano, si rincontrano e si riseparano in una spirale continua e senza soste. Un gioiello. Se di mezzo non ci fossero delle persone. Se di mezzo non ci fossero dei bambini.

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