The Normal One

In questa epoca di palloni gonfiati, di scimmie urlatrici, di egolatri e showmen mercenari, lo sport - qualsiasi sport - ha bisogno di figure composte, educate, rispettose, con una visione calmierata di sé stessi e del proprio ruolo all’interno della società.

Paragonato a José Mourinho, che debuttò in Premier League definendosi (da solo) “Special One”, Jürgen Klopp chiese alla stampa di considerarlo “The Normal One”. Capace ancora di indignarsi per gli ingaggi milionari, Klopp ha rappresentato e continua a rappresentare l’ultimo calcio umano, fedele ai colori, sempre umile. Klopp è l’ultimo argine al calcio saudita, tra gli ultimi a concepire lo sport come professione, spogliata del divismo osceno di cui è diventata ostaggio.

Una figura indispensabile, una perla rara come il caro Sinner, che si tormenta le mani durante le interviste, sempre composto, sempre elegante, sempre rispettoso dell’avversario. Sempre - ed è questo poi il punto - stupito e grato del proprio privilegio.

Chiude un periodo d’oro al Liverpool, Jürgen, come chiuse un periodo d’oro a Dortmund prima di allora, con tenerezza e gentilezza, con umiltà e circondato dall’affetto dei tifosi, ma soprattutto anche degli avversari che, immancabilmente, non possono che ammirarlo e invidiarlo (lo stesso non si può dire di chi, invece, si proclamava con arroganza “speciale”).

In un mondo rumoroso come il nostro non servono persone che sommino rumore al rumore. Ogni tanto - ogni tanto - un poco di normalità può essere una boccata d’aria fresca. (Vale anche per la comunicazione. Ma questa è un’altra storia.)

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