Tanto vale

E fu così che, triste, il silenzio si ritirò sui monti. Lontano dal chiacchiericcio e dagli schermi e ancora più sù. Si arrampicò lungo lo sterrato e si rintanò nel bosco, al riparo di un grosso larice d’argento. Si distese sul muschio e accarezzò gli aghi secchi che lo punzecchiavano.

Poco più tardi, mentre prendeva sonno, lo svegliò il passo lento di un cerbiatto. Poi il borbottio di un gufo. Poi ancora il passo strascicato di un millepiedi. Il silenzio provò a non darsene pena, ma al mattino, frastornato, decise di rimettersi in marcia.

Rimboccò il sentiero fino a quando non diventò un tratturo e poi avanti finché non si confuse con la terra ghiacciata.

Infine incontrò un faggio solitario. Vi si appoggiò, coricandosi per una nuova notte. Presto però lo svegliò il vento che solleticava le foglie e la luna stessa gli parve emanare un suono ovattato. Sotto di sé percepì distintamente la montagna respirare un sospiro catarroso, mentre in lontananza scricchiolava la neve.

Il silenzio mormorò una bestemmia.

Al mattino, furioso, si lasciò cadere di nuovo verso valle. Il tratturo diventò un sentiero, il sentiero una strada, la strada una provinciale, fino a quando non fu di nuovo in città.

Estrasse il telefono tra i cuscini del divano e decise di scaricare quella app che tutti gli consigliavano da tempo. E mentre navigava tra i contenuti rumorosi della piattaforma, appena prima di chiudere gli occhi, pensò: “Tanto vale.” E con un sorriso, si addormentò.

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In tutta serenità