Sul campo

È tirata, mi rendo conto. Ma proviamo per un secondo a fare uno sforzo e osserviamo due casi molto distanti tra loro attraverso la stessa lente: quella del crisis management.

Il primo è un tennista. Anzi, è il numero uno del tennis mondiale. All’apice della sua rapida ascesa, viene inquisito dalla federazione per doping. Come quando gioca, non parla, rimane concentrato, attende. Per mesi si trascina addosso questo peso, riuscendo a portare a casa risultati impareggiati nella storia del nostro sport. A tempo debito, ovvero a verdetto pronunciato, pubblica l’esito: innocente. Lo incalzano, si sforzano di estorcergli dichiarazioni forti, decise, notiziabili. Lui scrolla le spalle col suo fare distaccato: tutto quello che ha da dire è in quel comunicato. Ora ha altro a cui pensare. Non si cura di quello che gli viene detto, di quello che viene scritto, urlato. Servizio, dritto lungo linea, corsa a rete, volée smorzata. Ha altro a cui pensare. Il caso, per lui, è già chiuso.

L’altro è un ministro della Repubblica. Una persona istruita (pare, poi vagli a spiegare dov’è Times Square e chi era Colombo), messo a capo di un dicastero chiave per il Paese. Colto con le dita nella marmellata, è immediatamente il panico. Commenta, smentisce, accusa, mente, ritratta, piange, si ritira, non si ritira, si contraddice, ricommenta, rismentisce, e mente, mente e ancora mente. Inetto, goffo, trascina la sua infelice figura da un salotto all’altro cercando di rimediare alla frittata. Come? Mentendo, naturalmente. Servizio, gli scivola la pallina, inciampa sulle stringhe, la racchetta gli sfugge dalla mano e acceca la raccattapalle. Poi va a lamentarsi dall’arbitro.

Toccherà ripeterlo, ma la comunicazione non è un bel giochino. Con la comunicazione ci si scotta. Oppure ci si vincono gli Slam.

Cosa ne impariamo? Che alle accuse si risponde sul campo. Perché una delle domande che in questi giorni non ho trovato sui giornali, e che invece avrei voluto rivolgere a Sangiuliano è: ministro, ma Lei, negli ultimi due anni di governo, esattamente, cosa ha concluso? Perché tradire la moglie e farsi beccare come un fesso non è di per sé tragico. Lo diventa invece, se oltre a fare la figura del pirla, sul campo non hai toccato palla.

Non sarà colto, non avrà proprietà di linguaggio, Sinner, ma la pallina la sa far parlare a sufficienza da farsi capire in ogni lingua. Perfino da un ministro della Repubblica. Lo sport, come la politica, si giudica ai punti. Alla fine, sono sempre i risultati che parlano. E, in certi casi, sarebbe bene che lo facessero soltanto loro.

P.S.: Ai chiacchieroni domando: era dopato anche questa volta, Jannik? Perché con 0,1 milionesimo di Clostebol nel sangue a marzo ha perso Indian Wells,ai quarti. Senza, potrebbe vincere il secondo Slam in un anno.

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