Senza di me

Ogni tanto penso che piccoli angoli di Milano continuano a vivere senza di me. Quando sono giù di morale, quando sento nostalgia di casa, mi concentro su questa manciata di luoghi, di scorci che ho conosciuto bene in passato, e li immagino vivere, lontano da me.

Sono immagini semplici: una ragazza si starà sedendo su quella panchina, un turista si starà appoggiando a quel lampione, un cane starà pisciando contro quel vaso. Scene di vita ordinaria che, per assurdo, quando poi mi trovo a Milano, cerco di evitare. Anche a costo di allungare il percorso. Forse perché temo di trovarli mutati. Che quella panchina sia stata riverniciata, che al lampione abbiano appiccicato nuovi annunci, che il vaso sia stato spostato qualche metro più in là.

Sono angoli di vita che voglio conservare immutati, in quella città isterica che a ogni visita trovo cambiata. Appigli che conservo come cartoline, ritagli che necessito fermi nel tempo, per animarli con scene immaginate. Un vezzo infantile, ma salvifico per riconnettermi col mondo e con le mie radici. Specialmente con l’avanzare dell’inverno.

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