Scarpe pulite, anzi pulitissime

La partnership con Zendaya farà pur vendere a On qualche migliaio di scarpe in più, ma dubito possa fare bene al posizionamento del brand sul lungo periodo. Proprio ora che l’azienda svizzera era riuscita - letteralmente - a fare le scarpe a Nike sul segmento della corsa, il fattore (sin qui vincente) di iper specializzazione del prodotto rischia ora di sbiadire nel lifestyle, spostando il ruolo di protagonista, nella narrazione di marca,  dai corridori - per sua natura una disciplina inestetica - alle bellezze graciline da pilates. 

Una scommessa evidentemente data-driven, che rischia di vanificare anni di eccezionali sforzi e di impallidire nel rumore della competizione. Un errore che Hoka, tra gli altri, si guarda bene dal commettere, insistendo su testimonials “sangue e fango”, per mantenere la bandierina ben piantata sulla nicchia ultra. 

L’ultimo spot, in cui la star di Hollywood palleggia a “air tennis” (dunque senza pallina) con Roger Federer, è la dimostrazione del vuoto comunicativo che la scelta di On lascia dietro di sé: Zendaya non è credibile quando gioca a tennis (se dietro alla cinepresa non c’è Guadagnino) e di certo non la puoi mettere a correre. Non resta che la gag. Costosissima, ben girata, epperò disperata, esangue, vuota. 

La qualità eccezionale del prodotto, la sua innovatività e visione, ceduti in pasto ai marciapiede o, al massimo, al comfort da corsia d’ospedale, in compagnia delle Dr. Scholl’s. 

Volerà il titolo in borsa, ma al costo della propria brand consistency. E per quella il prezzo è salato, altro che Zendaya. 

parole: 252

Indietro
Indietro

Spettacolarizzare l’inspettacolarizzabile

Avanti
Avanti

Vicino gamer