Quello che un libro fa
Da otto anni avevo nel carrello un prodotto che non avevo mai trovato il coraggio, né l’occasione di comprare. Né tantomeno di rimuovere. Si tratta di un libro che mi era stato consigliato da un professore durante il biennio di master alla Scuola Holden. Ce lo aveva descritto a grandi linee durante una lezione qualsiasi, menzionandolo senza darci troppo peso. Eppure quel titolo e quella trama mi erano rimasti impressi a lungo. Sapevo che leggerlo avrebbe comportato uno sforzo eccezionale e ho sempre percepito il peso che la sua lettura avrebbe potuto comportare nel mio immaginario. Insomma, è rimasto lì: ha fatto per tanti anni parte dell’arredo, con la sua immaginetta di copertina e l’invito ad acquistarne l’unica copia disponibile.
Oggi è finalmente arrivato ed è stato immediatamente come se lo avessi sempre avuto sul comodino. Ho letto la prima pagina mentre il bambino mangiava e mi sono separato dalla lettura con una fitta.
Forse è questo che dovrebbe fare un libro, prima ancora di cominciare a leggerlo. Venire atteso. E desiderato.
“Non ancora,” mi sono detto. E mi sono regalato un sorriso.
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