Presto e la natalità

C’è uno sport che praticano i connazionali all’estero con totale abnegazione: spaventarti. Appena comunichi il desiderio di trasferirti nella loro città, il primo istinto è quello di disincentivarti con racconti dell’orrore. Difficile spiegare perché. Ma se fossimo stati a sentire gli ammonimenti ci sarebbero voluti anni (!) per trovare una casa decente; asilo? meglio aspettare direttamente le elementari; e la burocrazia! la burocrazia italiana a confronto ci sarebbe sembrata una passeggiata di salute.

Che dire, saremo stati fortunati. Ma molto fortunati. A me il dubbio che si trattasse di modi per spaventarci non me lo toglie nessuno. Ci scherzavamo, anni fa, con vecchi amici torinesi: “Ora vengono tutti qui. Quando te lo chiedono: Com’è Torino? Tu dì: In-vi-vi-bi-le.” Ma poi la consigliavamo a tutti.

Tosta la burocrazia berlinese eh, per carità. Ci sono voluti un paio di grattacapi per richiedere - ad esempio - l’assegno di genitorialità (non so nemmeno se si può tradurre così, è un sostegno mensile che ricevono le famiglie soltanto per avere un figlio, fino al diciottesimo anno di età), poi oggi nella cassetta delle lettere mi arriva la conferma dell’inserimento della pratica. Dice la lettera: “Presto ti verranno versati anche gli arretrati.” Sì, perché la pratica è inserita adesso, ma è retroattiva dal mio primo stipendio percepito in Germania. “Presto,” diceva la lettera. Mi faccio la doccia, sistemo casa e sul cellulare mi compare la notifica di avvenuto versamento da parte del ministero.

Seguo con vivo interesse il dibattito sulla crisi di natalità in Italia. Mi chiedo come mai, tra le varie teorie - anche le più bizzarre - nessuno offra mai la risposta più ovvia: “I soldi.” Per crescere i figli ci vogliono i soldi. Se i soldi ce li hai, i figli li fai. Se i soldi non ce li hai, prima di fare dei figli - e fai bene - ci pensi tre volte. Altro che ansia climatica. Con un po’ di aiuto dallo Stato vedi che anche quella ti passa.

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