Non giudicare

C’è una lezione, su tutte, che ho imparato negli ultimi due anni. Me l’hanno insegnata la corsa e il diventare genitore. La lezione è: non giudicare. 

Nella corsa giudicare è semplice, vedi passare uno, lento, sgraziato, annaspante, sembra che debba esalare l’ultimo respiro da un momento all’altro; cosa pensi? che è un novellino, oppure una pippa. Poi però cominci a correre anche tu e allora capisci che: 1. non sai da quanto stia correndo (magari è sfinito perché ha appena corso la distanza che corri tu in due settimane) e 2. non sai perché corra. È sorprendente scoprire quante persone comincino a correre una volta sopravvissute a un grave male. O per dimostrare qualcosa agli altri. Correre è un atto violento. Soltanto chi non ha mai corso si permette il lusso di giudicare un corridore. 

In maniera stranamente analoga, vale lo stesso per la genitorialità. Quando doveva ancora nascere mio figlio e i primi amici diventavano genitori, giudicare era una pacchia: commentare quanto si preoccupassero, le continue fisime, le ansie, prendersi la libertà di storcere il naso per aver messo qualche minuto il cellulare in mano al bimbo, per dirne una. Poi, quando il bimbo è il tuo, non ti si scioglie più tanto facilmente la lingua. Giudicare è un atto gratuito, prerogativa esclusiva di chi non sa o di chi non vuole sapere.

Tra un’ora compi 70 anni e questo pensiero è per te. Ed è una umile, sincerissima, lettera di scuse - oltre che di auguri. Per tutte le volte che ti ho giudicato. Essere padre è un casino, ma non te lo spiega nessuno, non c’è un libretto delle istruzioni. E per un figlio giudicare i genitori è come un tiro al piccione. Tu questo, purtroppo, non lo puoi sapere. Ho giudicato, per così dire, il tuo stile da come stavi correndo, senza sapere il lavoro che ci stava dietro, senza conoscerne le frustrazioni, gli scorni, le sfide. A mia discolpa posso dire che non lo potevo immaginare. 

Dovrebbe essere l’undicesimo comandamento, quello laico: non giudicare. C’è questa bella frase che non so chi abbia detto, ma che mi ripeto spesso: “Ogni persona che incontri sta combattendo una battaglia di cui non sai niente.” Dovrebbe valere ancora di più per i propri genitori, no? Facciamo tutti del nostro meglio. Ma il meglio non basta mai. 

70 anni. Chissà dove se lo mette uno, tutto quel tempo. 

Il regalo, giusto. Ho un ricordo nitido di quando mi leggevi il Barone rampante. Non ho mai capito se lo leggessi per me o per te. C’era, nella tua voce, un poco di invidia, di quella che si prova per i personaggi con i quali ci si identifica. Chissà se, da bambino, hai mai sognato di dormire su un albero. Da Calvino: “Anche per chi ha passato tutta la vita in mare c'è un'età in cui si sbarca.” Auguri, Papà. Ti voglio bene. 

parole: 482

Indietro
Indietro

Un anno, qui

Avanti
Avanti

Merito e casa