Non basta una vita
Se le giornate avessero venticinque ore, io quell’ora in più la impiegherei a imparare a ballare lo swing. E il boogie-woogie e il lindy hop.
Spesso mi dico che vorrei un’ora in più al giorno per leggere, ma poi mi ricredo: leggere mi manca, ma ci vorrebbe più gioia. Il libri mi riempiono, la corsa mi svuota, ma ci vorrebbe - a me e, più probabilmente, al mondo - un’ora in più durante il giorno da dedicare alla pura e semplice gioia. A un ballo felice e sfrenato, in coppia. Per questo seguo da anni innumerevoli profili dove ragazze e ragazzi, donne e uomini - anche di una certa età - ballano ridendo, che è evidentemente una prerogativa tecnica e stilistica di questo genere di balli.
Ma, come diceva Nanni Moretti in Caro Diario, saper ballare non basterebbe: “Ho sempre sognato di saper ballare bene,” ed è in quel “bene” che c’è un mondo, perché chi sa ballare bene, penso, non ha paura di nulla e di nessuno, non deve pensare a niente, non deve contare nella testa, non deve guardarsi i piedi; chi sa ballare, ma ballare bene, si lascia trasportare e diventa un tutt’uno con la musica.
E dunque una volta lavorato, scritto, letto, corso, dopo essere stato con mio figlio, una volta che si fosse addormentato, sarebbe bello infilarsi un gilet beige, dei pantaloni larghi con le pence, una breve impomatata a capelli e baffi, mocassini scuri con calzino bianco e via, sgattaiolare in qualche scantinato a ballare un’ora come matti, a formare un cerchio dentro al quale le coppie si avvicendano in sbalorditive evoluzioni, lanci, urla, tuffi, piroette, salti, per poi uscire, sudati fradici, a bersi con gli amici un bicchierino di qualcosa di sofisticato, e infine tornare a letto stanchi, stravolti, ma felici.
Si, lo swing, a saperlo ballare, ma ballare bene, sarebbe una cosa strepitosa. Sai che meraviglia. In un’altra vita. O due. Che per la prossima ho già un sacco di programmi. Mannaggia guarda.
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