Libera estate

Non ho dei ricordi fortissimi del mare. Della mia infanzia ricordo più la montagna. Il profumo del timo selvatico, le bruciature da ortica, l’acqua ghiacciata dei ruscelli, gli scarponcini sporchi di fango all’ingresso di casa, i fiori messi ad essiccare nei libri. Tutto si riduce per me alla semplice spiegazione che in montagna non mi sono mai annoiato, al mare invece sì, e tanto, ogni giorno. Al mare c’erano orari ferrei da rispettare, c’erano cose che prima o dopo un certo orario non si potevano fare (o per il caldo o per la digestione), i bagni erano razionati e sempre supervisionati. E poi queste ore infinite di attesa, di nulla, di chiacchiere degli adulti e di grandi solchi coi talloni nella sabbia.

Della montagna invece, ricordo un gran senso di libertà. Ogni giorno era un’avventura, non si stava mai fermi e io potevo restare indietro o correre avanti e soffermarmi su ciò che mi pareva. I miei pensieri erano sempre aperti e felici. Non ricordo di essere stato triste, in montagna.

Eppure se oggi penso a come rendere felice il bambino d’estate, il mio primo pensiero è per il mare. Non ho idea del perché. L’ho anche detto spesso ad alta voce in questo periodo: “Quest’anno il bambino lo dobbiamo portare al mare.” Dobbiamo, perché sì. Anche se non è lì che ho i ricordi più felici. È strano come lavora la mente. Stiamo benissimo, qui al mare. Eppure oggi ho pensato: mi piacerebbe vederlo rotolarsi tra le margherite. Sù, al fresco, e mangiare panini al formaggio, distesi sull’erba.

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E poi piove