Le avventure
“Taschengeld für Erasmus-Abenteuer meiner Tochter”: Donazioni per l’avventura Erasmus di mia figlia. C’erano tre errori di in sei parole, tra grammatica e sintassi. Scritto a matita, in stampatello, su un biglietto di carta, attaccato con lo scotch su un bicchiere. Penso: fa in tempo ad andare in pensione, la figlia, se aspetta di pagarsi l’Erasmus in monete da 50 centesimi. Ma è un penisero cattivo, da privilegiato, di chi ha chiesto e gli è stato dato. La figlia della tabaccaia, probabilmente, in Erasmus ci andrà a studiare la mattina e lavare i piatti la sera. Con le monete della tabaccheria ci pagherà la metro. È un gesto umile, quello della tabaccaia. Non si vergogna a chiedere qualche moneta per l’”avventura” della figlia. In quella parola, avventura, c'è già tutto. Tutta la speranza del mondo. Lei, la madre, di avventure ne ha viste probabilmente poche, quelle le tiene per la figlia, che ha diritto, dovere, di fare le sue avventure. E per permetterglielo è anche pronta a raccogliere gli spicci. Mi verrebbe voglia di chiederle dove va, la figlia, in Erasmus. Ma non lo faccio. Metto un Euro nel bicchiere, lei alza lo sguardo dalle parole crociate e mi sorride, con dignità.
Penso sempre che a mio figlio non voglio far mancare mai nulla. È una formula comune questa, che ho sentito tante altre volte da altri genitori. “Non fargli mancare nulla”. Ma non fargli mancare nulla ha un prezzo. Un prezzo che io non ho, per fortuna, nessun problema a pagare. La tabaccaia, invece, sì. Per i figli ci si ingoia l’orgoglio. Le avventure sono per loro, ormai.
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