La vergogna piccola

Il mio recente viaggio alla scoperta della musica classica mi ha arrecato oggi un primo dolore. Era dal 2008 infatti che mi piccavo di conoscere (bene) le Gnossiennes di Erik Satie. Le avevo incontrate in un film che al tempo mi aveva rapito e che avrei poi rivisto decine e decine di volte: “Parigi”, del grande Cédric Klapisch. Un autentico gioiello con nientepopodimeno che Juliette Binoche, Romani Duris, Fabrice Luchini e altri mostri sacri del grande schermo francese contemporaneo. Quando penso a quel film, penso alla Gnossienne nr 1, alle sue variazioni, alla sua leggerezza malinconica, alle sue accelerazioni scherzose, e quando ascolto la Gnossienne nr 1 penso ai personaggi di “Parigi” e alle loro vite sghembe. Insomma, dal profondo della mia ignoranza musicale, le Gnossiennes gettavano due nichel di gioia sulla mia dialettica, insieme ad altre conoscenze esclusivamente originate dal cinema (come devo Arvo Pärt a Sorrentino).

Poi oggi, quasi per caso, apprendo l’insperato, ovvero che Satie - nel suo insieme - è per le pippe al sugo. Come me. In un periodo di rivoluzione ha composto danze, si è adagiato su quella che i musicofili considerano la “moderna musica da camera”, senza spina dorsale, melodica, pigra, impressionista. Forse per quello stava tanto bene in un film come “Parigi”, penso. Ci sono rimasto molto male. E non per essermi sentito dare (ancora una volta) della pippa al sugo, ci sono abituato, ma perché a me le Gnossiennes continuano a piacere molto. Penso che il processo di apprendimento passi necessariamente da epifanie come questa, come quando da ragazzo per la prima volta inciampi in Bukowski, nella sue prosa sgraziata, e scopri che si possono scrivere anche grandi sconcerie e che la letteratura non è necessariamente tutta pizzi e merletti, ma poi, poco più tardi, scopri anche che sconcezze ben peggiori venivano scritte trecento anni prima di lui (ma molto molto meglio). E dunque ti viene rapidamente a noia. Ma un po’ di vergogna per quell’apprezzamento giovanile ti rimane appiccicato addosso. Ecco, io oggi quando mi sono sentito dare della pippa al sugo ho provato di nuovo un po’ di quella vergogna. Ma poi la Gnossienne nr 1 me la sono riascoltata, e mi ha di nuovo emozionato. Come certe poesie di Bukowski, per altro. Morale. Viva le pippe al sugo. Non sempre, eh. Ma stasera sì.

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