La traccia del mondo
Non c’è niente di più rappresentativo di un ciclo storico, che portare un figlio nei luoghi della propria infanzia. Dove rivivere momenti dimenticati attraverso i suoi occhi, certi profumi, certe sensazioni, certi suoni attraverso il suo piccolo corpo all’avventura. Specialmente se i luoghi sono rimasti intonsi nel tempo, impermeabili ai cambiamenti del moderno e mantengono intatto un sentimento antico.
È una cosa che ti riconnette con il significato dell’esistenza, la sua, la tua, quella di chi vi ha preceduti e prima ancora. È la ragione stessa per la quale percorrere questo misero pezzo di strada nel mondo: sapere che ti stai muovendo in una traccia, che nulla è nuovo, per quanto possa spaventare.
È il conforto, il sollievo anche, di non essere più il protagonista di questa storia. Di non essere più il destinatario primo dei capricci del mondo, ma il protettore della fragilità altrui. Di sapere che fai parte di un nutrito gruppo di persone che hanno avuto fiducia nel domani, amandoti senza conoscerti, senza neanche poterti immaginare. Ma che in qualche modo sapevano. Senza aspettarsi nulla in cambio. E ancora e ancora, in un palio senza vincitori e senza sconfitti.
È il gesto più antico del mondo. Perché nell’intreccio di mille solchi, ognuno è sempre in grado di riconoscere il proprio. Senza bisogno di istruzioni.
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