La moda di corsa
Erano anni che si discuteva del perché un brand come Nike non fosse stato in grado di dominare il settore della corsa, a dispetto di marchi più piccoli e giovani(ssimi) che in poco tempo sono stati capaci di prendersi un intero segmento e di irridere i numeri del colosso di Beaverton. Tra le risposte - la maggior parte delle quali afferenti a questioni tecniche - c'è anche una certa narrazione, trattandosi infatti di un settore che in buona parte non ama considerarsi mainstream.
A Parigi ieri sera, in vista delle imminenti Olimpiadi, ha avuto luogo l’evento “Nike On Air”, al Palais Brongniart. Si è trattato di un evento gargantuesco, americanissimo, con ambizioni a metà strada tra performance e fashion, come è inusuale da parte del marchio. Di mezzo alle tante sale perfettamente scenografate, si accedeva infine ad una passerella, dove erano stati allineati alcuni tra gli sportivi - in carne ed ossa - di punta dello sponsor, che sono stati acchittati un po' con le ultimissime linee di prodotti tecnici, un po' con completi prêt-à-porter delle più recenti collaborazioni con brand terzi. Per il segmento dedicato alla corsa si trattava della linea creata insieme alla newyorkese Bode, per celebrare l’heritage del running americano. A indossare le creazioni è stato Eliud Kipchoge, tra i più grandi podisti della storia, trentanovenne (!) keniota due volte campione olimpico, e detentore di svariati record su fondo e mezzofondo. La definizione in carne ed ossa di “leggenda vivente”.
Tuttavia, la grandezza di Kiphoge difficilmente si sposa con show come quelli di ieri. Un metro e sessantasette di altezza per cinquantadue chilogrammi, il fisico del keniota è una macchina da guerra sull’asfalto, ma sulla passerella, acchittato da modello, ha quasi del ridicolo. Ed è questa una delle grandi idiosincrasie che tanta parte del running prova per il brand Nike, incapace di svincolarsi da un’estetica patinata, in una disciplina che di patinato non ha nulla. Chi corre ama pensarsi outsider, antagonista quasi, di un sistema sportivo fatto di celebrità milionarie, di riflettori e pubblicità. La corsa è, per sua natura, una disciplina semplice, umile, sporca, democratica, popolare. Niente di più distante dal fashion parigino. Per questo vedere il povero Kipchoge travestito da manichino d’alta moda non può non dare il singhiozzo. Un uomo che siamo abituati vedere allenarsi sugli altopiani di Iten, circondato da bambini scalzi, con quel corpo da bambino, scheletrico e nervoso, gli occhi grandi e ingenui. Un errore da matita blu che davvero sbalordisce da parte dei maestri del marketing mondiale; troppo americani forse, per rendersi conto che non tutto risponde alle logiche del superomismo americano. Categoria nella quale Eliud Kipchoge, evidentemente, non può e non deve rientrare.
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