Incredibilmente tedesco

Confesso di essere stato poco attento. Pensavo ad altro e ho detto qualcosa su qualcuno che è “incredibilmente tedesco”. Lo ho detto davanti a dei tedeschi. Per fortuna si tratta di un popolo meno campanilista del nostro e dunque mi incalzano: “Cosa intendi? Cosa significa essere incredibilmente tedeschi per te?” Ci devo pensare poco, perché so spiegarglielo con estrema precisione, grazie a un aneddoto che mi è occorso qualche settimana fa. 

Trattandosi di un periodo molto stressante sul lavoro, quando posso provo a premiarmi con piccoli piaceri inusuali. Una breve passeggiata ascoltando una canzone che mi piace, una brioche ripiena da Sigismondo, un caffè in qualche bar della zona. Infatti, di mezzo a due riunioni, decido di uscire a prendermi un caffè e infilo la porta di un locale che non mi sembra malvagio. Guardo la lavagna e ordino una cosa che non prendo mai, probabilmente attratto dal fatto che qualcuno l’abbia scritto correttamente: “Ein Marocchino, bitte.” Dietro al bancone una ragazza più giovane di me, con una piva da qui a domattina, mi trapassa con lo sguardo e con il tono più svogliato che riesce a reperire mi fa: “Heh?” Non mi scompongo. A Berlino i baristi non sono simpatici, ci ho fatto ormai il callo. Sorrido e ripeto l’ordinazione. Lei, come se non avessi neanche parlato, mi risponde, scandendo bene le consonanti: “Es heißt Maroccino,” — si chiama Maroccino, e aggiunge (in tedesco) “mica c’entra col Marokko.” Io potrei lasciar correre, d’altronde lo faccio spesso, potrei dire sì, ok, come ti pare, ma fammi sto Maroccino entro domattina, ti prego; invece guardo l’orologio: ho ancora dieci minuti. “No, guarda,” le spiego in tedesco, puntando il dito sulla lavagna, “lo avete scritto voi, mica io, vedi quell’acca? Ecco, è italiano, ci e acca da noi - sono italiano - si leggono come la vostra kappa, quindi Marocchino. E sì, tra l’altro si chiama così per il Marocco.” Lei si prende un tempo infinito dopo che ho concluso la mia arringa, fa una smorfia tra il mecojoni e il non te l’ho chiesto e con la flemma di un impiegato postale si appresta a prepararmi il mio Marocchino.  Quando è pronto - due secoli più tardi - me lo passa sul bancone e dice “3,50€ per il Professore,” fissandomi negli occhi. Respiro a fondo. “Carta,” dico io; “Contanti,” risponde lei. Le do una banconota da 5€, lei mi restituisce 1€.  “Mancano 50 centesimi,” le faccio notare; “Ah già,” risponde lei e mi da quello che manca. 

Finisco il mio maledetto caffè e imbocco l’uscita. “Com’era il Maroccino?” mi chiede una voce alle mie spalle. Io mi volto, unisco le punta delle dita di una mano e ci schiocco un bacio. “Una vera porcheria,” le dico, in italiano. Ed esco. 

Non lo so, mi sono spiegato? “Incredibilmente tedesco”, da manuale. E non serve davvero aggiungere altro. 

parole: 475

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