In silenzio, sul tetto di Milano

Condividevamo un segreto, senza conoscerci. Condividevamo anche un’età e un panorama, su un tetto della nostra città. Sarebbe bastato uno schiamazzo, un bicchiere rotto: gli inquilini dell’ultimo piano avrebbero chiamato la polizia, l’indomani il condominio avrebbe riparato la serratura del cancello. Sarebbe bastata un tappo di bottiglia dimenticato, un mozzicone di sigaretta, uno scontrino accartocciato, la suoneria di un telefono.

Invece per diverse settimane, un tempo infinito, la sera, sul tetto del grattacielo tra via Ariberto e Corso Genova, ci ritrovavamo tutti lì, in assoluto silenzio, uniti da quel segreto, a contemplare Milano dall’alto.

Deve essere stato il tempo irragionevole di una decisione presa in riunione di condominio a far partire la chiamata a un fabbro e a far riparare il cancello. Allora, uno per uno, la sera, siamo andati all’ingresso del grattacielo, soltanto per scoprire che l’incantesimo era stato spezzato.

Non ci siamo mai visti in faccia, lassù. Ma sarebbe bello un giorno, per caso, parlare con uno sconosciuto, magari a una festa, e scoprire che “C’eri anche tu?” e che non si era trattato di un sogno.

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