Il tragico ritratto della classe politica attuale
Repubblica, con la sua preziosa informazione di sempre, riprende un servizio di Dagospia (mica dal New York Times) in cui da conto della festa che ieri ha avuto luogo per il sessantesimo compleanno del direttore del TG1 di meloniana nomina Gian Marco Chiocci. Avrei potuto occuparmi di ben altro quest’oggi ma, attratto come una mosca dallo sterco, non mi sono saputo sottrarre alla revisione del trust di cervelli che ha composto i duecento e passa invitati alla villa sull’appia Antica. E siccome per aprire Dagospia di prima mattina ci vuole uno stomaco de fero (anche Google credeva di aver capito male: “forse cercavi…”), risparmio al lettore lo schifo e l’incomodo e offro un breve resoconto di ciò che l’abrasiva testata di Roberto D’Agostino ha riportato in immagini. Dunque.
C'è Maurizio Lupi che fa il definciente con un arrosticino in bocca; c'è Gennaro Sangiuliano che scoppia dentro la sua giacca di sartoria; c'è ovviamente Salvini, cafone come al solito, con la camicia di fuori e una birra in mano (l’uomo del popolo, dio ce ne scampi); c'è il capo di stato maggiore dell’esercito (gli italiani possono dormire sonni tranquilli); c'è Antonio Angelucci che dà quel tocco di malavita italoamericana che male non ci sta; c'è Minzolini; c'è quel fenomeno di Donzelli, una delle menti più fini di questa maggioranza; c'è anche l’immancabile Gigi Marzullo.
Ma soprattutto c'è Francesco Rutelli, amico di tutti, che nei salotti buoni romani si vende come complemento d’arredo; c'è Antonio Conte, vestito come se dovesse annunciare un nuovo lockdown, abbracciato alla moglie tutta in trasparenza; c'è Massimo Giletti, reintegrato nel sistema nonostante le sue simpatie filo-putiniane; c'è Luciano Moggi, che voglio dire: perché no? un condannato per associazione a delinquere scompare in una tribuna tanto eccellente.
C'è anche la quintessenza del neo-fascismo romano Lotito, accompagnato da un falconiere con un’aquila viva. Che, obiettivamente, mi domando dove siano gli animalisti quando servono. Ricordo l’acceso dibattito all’indomani dell’uscita della Grande Bellezza in sala, tra chi riconosceva il tragico quadro come fedele riproduzione della nuova dolce vita romana e quelli, anime belle come me, che reputavano la pellicola esagerata. Ecco, Lotito ci dimostra che avevamo torto noi.
Sintesi - generosa - della serata: un puttanaio. Di estrema destra, per giunta.
Festa a parte, mi incuriosiscono dunque i trascorsi del festeggiato, Gian Marco Chiocci. Sul sito della Rai viene ricapitolata la sua carriera, in cui compare il seguente paragrafo:
"Fra i vari scoop e le tantissime inchieste nel 2010 è autore della celebre indagine giornalistica sulla "casa di Montecarlo" che coinvolge l'allora presidente della Camera.”
È interessante notare come la Rai si senta in dovere di usare un giro di parole per non nominare Gianfranco Fini, predecessore proprio della Meloni alla segreteria della Fiamma, la cui carriera politica da quell’indagine venne definitivamente stroncata. L’inchiesta era pubblicata da il Giornale. Si trattò allora di una chiara campagna ad opera di Berlusconi, che voleva liberarsi dello scomodo alleato. Dalla lista degli invitati emerge bene la serietà di questa classe dirigente e il loro senso di lealtà. C'è poco da stupirsi, i fascisti son così: il cane è fedele soltanto a chi gli riempie la ciotola.
Mi torna difficile pure fare ironia, le immagini sono tragiche e restituiscono un ritratto spietato di chi guida il paese al momento. Purtroppo l’antidoto non c'è, perché il nemico non sono (soltanto) i singoli individui, ma la cultura berlusconiana che li ha nutriti. Che li ha nutriti fin troppo bene.
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