Il rigore e l’annegato

Guardare i rigori di una squadra che non è la propria, non rende i rigori più digeribili. I rigori fanno scattare un meccanismo di empatia che li rendono comunque indigesti, mettendomi istantaneamente nei panni dei tifosi sofferenti.

È quantomeno bizzarro, pensavo, che risulti più semplice mettersi nei panni di uno sloveno durante gli ottavi di finale di un europeo, rispetto al tentativo di immedesimarsi in un povero diavolo che annega. Eppure è più semplice che chiunque di noi si sia trovato a rischiare di annegare, piuttosto che calciare un rigore decisivo davanti a milioni di spettatori.

Davanti ai rigori, a qualsiasi rigore, il mio corpo si contorce, distolgo lo sguardo, le mani mi sudano, sono costretto ad alzarmi, a bere dell’acqua, a fare la pipì. Vorrei poter dire che quando guardo il telegiornale mi accade lo stesso. Ma non è così. E temo che chi dica il contrario, nella maggior parte dei casi, menta. Nessuna stregoneria: si chiama marketing.

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Una volta soltanto

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Il mio pollice destro