Il paradosso del lampione

Si ritorna, temo, sempre allo stesso malinteso, quello per cui ci si dovrebbe aspettare contenuti di spessore da parte dei social media. Sembrerà ridondante, ma forse tocca ripeterlo: i social media sono canali - o privati, o di proprietà dei marchi - pensati per intrattenere o, al massimo, educare e, in rari casi, ispirare un dato pubblico. Quale che sia, tra questi, il mezzo, il fine rimane uno e uno soltanto: vendere.

Bene. Perché ciclicamente (di norma intorno alle ferie, in mancanza d’altro) si ritorna a dibattere su quanto un tale canale dovrebbe incentrare i propri contenuti su un tono di voce più “profondo”, piuttosto che su messaggi futili e superficiali. Piaccia o no, la verità rimane una: i social media sono nati e continuano essere pensati non per farci riflettere ma, al contrario, per vendere. E si vende facendo riflettere? No, si vende con messaggi, immancabilmente, futili e superficiali.

Perché allora, mi domando, dovrebbe essere diverso per il profilo ufficiale delle Paralimpiadi? Non vi era autoironia intorno a certi sportivi, diventati poi fenomeni sui social, durante le olimpiadi di qualche settimana fa? Sta povera disgraziata di break dancer australiana, il tiratore turco, l’astista francese. Perché non si può sorridere, allo stesso modo, degli atleti paralimpici? La parità, ancora tanto lontano, passa anche da qui. Gli approfondimenti sportivi, piuttosto, dovrebbero trovare riscontro sulla Gazzetta dello Sport. Perché non mettere sotto accusa un giornale di settore invece, che deliberatamente ignora un evento di portata globale?

Invece no, sono i social - ancora una volta - il problema. In particolare proprio l’account ufficiale della manifestazione che, invece, ha interpretato alla perfezione il proprio compito: intrattiene, fa ridere (anche in maniera dissacrante), dunque: vende.

Mi ricorda ogni volta, questo ipocrita malinteso, il paradosso del lampione: sotto un lampione c’è un ubriaco che sta cercando qualcosa. Si avvicina un poliziotto e gli chiede che cosa abbia perduto. ‘La mia chiave’, risponde l’uomo, ed entrambi si mettono a cercarla. Dopo aver guardato a lungo, il poliziotto chiede all’uomo ubriaco se è proprio sicuro di averla persa lì. L’altro risponde: ‘No, non qui, là dietro; solo che là è troppo buio’.

In definitiva: soltanto perché dei social non ci ha capito nessuno un acca, non vuole dire che sia sempre lì che bisogna cercare i mali del mondo.

parole: 382

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