Il camposanto
Vorrei creare una piattaforma che si chiama “The Graveyard”, dove ogni agenzia, ogni freelance, possano caricare - coperte da copyright - le loro migliori gare perse. Soltanto in Italia le agenzie spendono ogni anno intorno ai 58 milioni euro per partecipare a gare, delle quali poi soltanto una minima parte (una parte infinitesimale) viene effettivamente vinta. Sarebbe meraviglioso, attraverso i fallimenti corali di talenti d’agenzia, costituire una piattaforma di ispirazione e di condivisione all’interno del settore. Una sorte di Behance, ma pensata per eliminare l’elemento di vanità, anzi proprio per esaltare l’orgoglio della sconfitta. Perché inoltre, chiunque lavori o abbia lavorato in agenzia lo sa, le submissions migliori sono proprio quelle perse: fuori brief, troppo coraggiose, troppo artistiche, troppo miti, troppo, troppo, troppo. Perché poi nessuno conosce mai le ragioni per le quali la gara l’ha persa: è un business infame e, troppo spesso, truccato.
E così ogni anno la piattaforma premierà la gara (persa) migliore, con una parte dei ricavi ottenuti dalle iscrizioni alla stessa.
Quanto spreco di idee altrimenti. Quanta energia regalata al marketing di aziende bizzose.
Come un luogo che raccolga tutte le lettera d’amore mai consegnate (o corrisposte), i manoscritti mai pubblicati, le sceneggiature mai girate, gli spartiti mai suonati. Un’ode contemporanea, che più contemporanea non si può, dedicata al business della vendita. E all’amore non corrisposto per un buon piano di comunicazione. Che voglio dire - buttalo via.
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