Gli amburghesi
Con le loro vite in miniatura, vivono gli amburghesi, una vita tra strade e parchi e canali. Vivono una vita di mare, senza tuttavia avere il mare - chissà se poi lo lo sanno, gli amburghesi. Con il loro ciottolato nella Schanze e le loro panchine sull’Alster, con l’aria spezzata dal gelo e i loro ponti piccini, vivono gli amburghesi una vita di porto, sotto un cielo stellato che si specchia nell’acqua increspata dei bacini di quartiere.
Hanno le guance chiazzate dei marinai e le mani callose dei pescatori. Guance che non hanno conosciuto il maestrale e mani che non hanno sfiorato le reti. Ma che sanno, in cuor loro, che dal mare vengono e al mare appartengono.
E bevono gli amburghesi, con la foga di chi conosce il freddo e la pioggia e i lunghi inverni. Forse per dimenticare che a loro, il mare, glielo porta la foce, per interposta persona. Un surrogato di mare che taglia la Germania con grazie contorte, incornicia la Repubblica Ceca e poi - d’un tratto - si ferma, al confine con la Polonia. Ridotta a un rigagnolo, la Elba si consuma a Pramen Labe, dove nasce, a mille chilometri dagli amburghesi.
Questo popò di acqua dolce che parla tre lingue e che non conosce nazioni, che vive e si gonfia, fino ad Amburgo. Ubriaca di vita, si gode il panorama, da un muretto della Promenade.
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