Francesco il giardiniere timido

Nei primi anni a Torino misi degli annunci online per lezioni private di teatro e di public speaking. Guidai alcuni ragazzi a dei provini per le accademie, insegnai a un nutrito gruppo di bimbi in una scuola di danza, ma soprattutto conobbi Francesco. O almeno mi pare che si chiamasse Francesco. Questo era l’introverso responsabile dei giardini della Venaria Reale, un uomo sulla cinquantina, la pelle insolitamente candida per un mestiere così usurante e le mani pesanti come incudini.

Ricevetti Francesco a casa mia e lui mi spiegò che si era deciso a combattere la sua innata timidezza per darsi la possibilità di una crescita professionale: spesso infatti era invitato come capo giardiniere a tenere delle relazioni sia verso i dipendenti della Venaria, sia verso stakeholder esterni. Puntualmente gli veniva rimproverata la sua ritrosia.

Cominciammo un percorso di diversi mesi, durante i quali Francesco fece enormi passi avanti. Al tempo stesso io imparai un sacco di cose sui giardini.

Ad esempio scoprii che i giardini all'italiana riflettono un ideale di ordine e controllo umano sulla natura, simbolizzando la perfezione divina e l'armonia tra l'uomo e la creazione, spesso con geometrie rigorose e simmetrie che esprimono il dominio dell'uomo su Dio. Al contrario, i giardini all'inglese enfatizzano la bellezza naturale e il caos controllato, suggerendo una visione più umile e spirituale, dove la natura è vista come un riflesso della divinità ma senza il desiderio di dominarla. I giardini islamici, con le loro fontane, aiuole e piante, sono progettati come paradisi terrestri, simbolizzando la perfezione del giardino celeste e un rifugio spirituale in cui l'armonia tra acqua, piante e architettura rappresenta la bellezza di Dio. I giardini cinesi, per contro, influenzati da concetti taoisti e buddisti, cercano di catturare l'equilibrio tra il cosmo e la natura, con una visione religiosa che enfatizza la meditazione, l'armonia e il flusso naturale dell'universo, piuttosto che l'ordine rigido o il controllo.

Alla fine delle lezioni quasi mi sentivo io in debito con lui, figurarsi. Mi consigliò anche dei libri di botanica che lessi con vivo interesse. Difficilmente saprei dire se in quei mesi abbia imparato più lui o io.

Ad ogni buon conto conservo quelle ore nella mia memoria con particolare affetto. E con acceso interesse per ciò che un giardino è in grado di raccontare di noi, delle nostre passioni, delle nostre manie. Che, voglio dire, saranno pur cose importanti da sapere, no? Chissà cosa ci hanno insegnato a scuola.

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