Case su case
Nascosto tra le pagine del nuovo libro di mio figlio, noto con meraviglia un dettaglio che mi alleggerisce il cuore.
Di mezzo alle vicissitudini di un’ambulanza che si reca in soccorso a Lukas, incauto ciclista di 9 anni (che se la caverà con un tutore), l’illustratore mostra il percorso del veicolo con una prospettiva in pianta della cittadina.
Così, tra un negozio di pianoforti e la rimessa di un meccanico, si erge una palazzina di vetro alta sette piani, al cui ingresso campeggia un’insegna che dice “Ufficio”. Fin qui niente di strano.
Poi però difficilmente potrebbe sfuggire a un’occhio attento che sulla sommità del palazzo posa un’altra casa, tradizionale, con tetto spiovente, adagiata su un prato, con tanto di alberello da frutto.
Qui qualcuno ha avuto una formazione da architetto.
Ci metterei una mano sul fuoco, infatti, che si tratta di un tributo malcelato a James Wines e al suo progetto “Highrise of Homes” (1981), in cui l’architetto inglese teorizzava una vita bucolica, ma in verticale. Un antenato meno puzzone e più immaginifico del Bosco di Boeri. “Highrise of Homes” esplorava (in un opuscolo che riuscii a reperire originale e del quale vado molto orgoglioso) la possibilità di trasformare i grattacieli, tradizionalmente associati alla densità urbana e all'isolamento, in ambienti abitativi più umani e vivibili, integrando la natura e la comunità all'interno di spazi verticali. Con un approccio che fonde architettura e arte, Wines immaginava edifici che non solo ospitassero, ma arricchissero la vita delle persone, cercando di superare la freddezza e l'alienazione tipiche delle strutture residenziali moderne.
Che io mi ritrovi l’opera di Wines in questo libercolo per mocciosi è una cosa che mi emoziona immensamente. Il riferimento nascosto, giocoso e fuori contesto, indica il desiderio di aggiungere qualcosa che, subliminale, possa offrire una prospettiva nuova. E perché no, anche in un libro per bambini. Soprattutto, in un libro per bambini.
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