Finché durano

Qualcuno proverà, presto, a dilazionare le Olimpiadi. Come è stato fatto col calcio, attendere quattro anni per la massima competizione - in questo sistema di intrattenimento perenne - non è sostenibile. Servivano gli Europei, la Nations League, la Champions, la Coppa UEFA, la Confederations Cup. Serviva un palinsesto di gare continue, sempre più insulse purché, appunto, ininterrotte. Lo sport a feed, tra Netflix e TikTok, allungherà le sue mani anche su nuovi formati di 100 metri, di lancio del giavellotto, di salto in alto. Tutto verrà formattizzato, tagliuzzato, serializzato, in un vortice di spin-off che garantiscano al più impaziente dei pubblici, un intrattenimento non-stop, con sponsor non-stop, pubblicità non-stop e, dunque, profitto non-stop. Basta vedere serie come ‘Sprint’ (Netflix) per capire le ambizioni dell’atletica statunitense, che sta sfornando campioni carismatici, sboroni, griffati da capo a piedi, con i loro atteggiamenti sbruffoni e antisportivi, le loro esultanze plastiche.

Le Olimpiadi sono l’ultimo baluardo di un’epoca in cui l’eccellenza si maturava e ancora si matura con tempo e dedizione: quattro anni di allenamento per uno sprint di 9 secondi. Quattro anni per nove secondi - soltanto un ricercatore può vantare un rapporto simile tra preparazione e risultato.

Quanto potrà mai resistere un formato così in contrasto con le logiche del nostro tempo ansioso?

Godiamoceli ancora, questi giochi, finché durano.

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