E che gli vuoi dire, all’Adelphi Editore?
È talmente ben fatta, con garbo ed eleganza, che passa per intrattenimento. La newsletter dell’Adelphi che una volta a settimana annuncia le nuove uscite in libreria è una gioia per gli occhi. Uno, tre, cinque titoli, ciascuno il suo breve occhiello, numero di pagine, anno della prima pubblicazione, costo. Fine. Niente sbrodolamenti, nessuna comunicazione ammiccante, soltanto le loro belle copertine - belle davvero - e le informazioni di prodotto.
La sua libertà e indipendenza l’hanno continuata a rendere sempre più bella, premiata da un pubblico affezionato - tra i quali mi picco di rientrare, nel caso non si fosse capito - che riceve perfino una newsletter commerciale come un dono.
La comunicazione dell’Adelphi da qualche anno a questa parte costituisce - o dovrebbe costituire - una preziosa case history per i professionisti della comunicazione, per la sua capacità di rimanere fedele a sé stessa, alla propria identità, al proprio tono di voce, senza strappi in avanti, ma senza neanche inutili nostalgie: un continuo e inesorabile miglioramento, al passo con l’evoluzione mediatica, senza mai tradire la propria essenza.
Sono questi i pochi, indispensabili ingredienti per trasformare anche un appuntamento intrinsecamente di vendita, in un momento di nuova connessione con il proprio pubblico.
E qui mi fermo, che la mia di newsletter, invece, si sbrodola eccome. Che il calzolaio ha sempre le scarpe rotte.
parole: 222