Consulente del Presidente alla Storia della Letteratura

L’idea di coinvolgere il numero più alto di nazioni in un medesimo consesso allo scopo di prevenire i conflitti non sarebbe nemmeno sbagliato. Se tutti facciamo parte della stessa famiglia, aderiamo alle stesse regole, - profittando ovviamente dei conseguenti e reciproci vantaggi - risulta allora sconveniente inimicarsi i propri vicini. È a suo modo (soltanto in versione esplosiva) lo stesso principio che aveva ispirato quegli uomini di scienza che concepirono la fissione dell’atomo a scopo bellico: se noi abbiamo l’atomica e anche i russi hanno l’atomica, nessuno la userà.

C’è soltanto un elemento di squilibrio in queste equazioni (che evidentemente sono state ponderate da uomini di scienza e politici, non da umanisti) ed è proprio quello umano: dopo dieci, venti, trent’anni quelle stesse nazioni con le quali gli accordi erano stati posti in equilibrio, vacillano. L’Italia diventa l’Italia come la conosciamo (ammesso che mai sia stata migliore di così), l’Ungheria diventa l’Ungheria, la Turchia diventa la Turchia, perfino gli Stati Uniti diventano gli Stati Uniti. Senza contare che la Russia rimane la Russia e, sorpresa, la Cina continua a fare la Cina.

E dunque. Tutte quelle macchinazioni diplomatiche, quand’anche formulate con le migliori intenzioni, si fondano su calcoli scacchistici, ovvero di machiavellica strategia politica e su computi di probabilità che oggi un’intelligenza artificiale meglio riuscirebbe a concepire di noi. Quello che manca, che continua a mancare - se mi posso permettere di spendere una considerazione di scienza politica da un euro - è la considerazione del fattore umano, ma soprattutto umanistico. Se a consigliare quello che definiamo un “potente”, vale a dire se al suo gabinetto prendessero parte non soltanto una platea di economisti, di fisici, di matematici, ma anche dei professori di storia, di lettere, di psicologia e magari anche di filosofia, forse davvero lo scacchiere (sempre questo termine) politico avrebbe un volto diverso. Se finalmente imparassimo che la natura umana sfugge alla più accurata statistica, forse oggi - per citare uno dei milioni di possibili esempi - Ilaria Salis non starebbe in ceppi davanti a un tribunale ungherese nell’indifferenza delle nostre istituzioni. Eccetera, eccetera, eccetera.

(tra l’altro in extremis mi viene in mente quella commedia francese molto carina con Fabrice Luchini, Alice e il sindaco, in cui il primo cittadino di Lione si ritrova depresso e privo di idee, motivo per il quale assume una normalista per ripensare la visione necessaria all’azione politica)

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