Due storie

Fa paura la storia di Piazza Fontana, da qualsiasi angolo la si osservi. Fan paura le motivazioni e le modalità, i depistaggi e gli insabbiamenti. Fa paura il ruolo dello Stato e fan paura i colpevoli, che condividono l’ideologia con chi ci governa 55 anni dopo.

Anzi, non fa paura: è, intrinsecamente, una storia di paura. La paura è il motore e l’arma, lo scopo e la ragione. Temere il comunismo come temere la sostituzione. Ogni epoca ha la sua tensione e ogni epoca ha una strategia per volgerla in proprio favore.

Se Piazza Fontana l’avessero insegnata bene - ma bene davvero - a scuola, forse l’Italia oggi sarebbe diversa. Consapevole delle proprie paure, pronta ad affrontarle con coraggio e con umanità. In Piazza Fontana invece, 55 anni fa, già veniva inaugurato il governo Meloni, già veniva pianificata l’esecuzione di Piazza Alimonda, già avevano inizio le schedature della Bossi-Fini. Infondo siamo quello che mangiamo. E in Italia questo prevede la dieta: paura a colazione, pranzo e cena, sui giornali e alla radio, sui canali privati e su quelli pubblici.

Una dieta che viene mantenuta con l’analfabetismo funzionale, con l’impoverimento dell’offerta culturale, con l’allineamento degli organi di informazione.

È tardi per spiegarla oggi, Piazza Fontana. Ma proviamoci, almeno, a portare i nostri bambini davanti alle due lapidi e a raccontar loro due storie. E poi chiedere: “Tu, a quale storia credi?” I bambini, una balla così, la fiutano lontano un miglio. Perché non si nasce con la paura: la paura si insegna.

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