Deppiù

Telepiù mi dava di più, anche Streamtivù mi offriva di più, e Nowtivù? Certo non quanto Skypiù o Appletivù. Ma se c’era qualcuno che non aveva bisogno di offrirmi di più, quella era Disneypiù. Se c’era una garanzia che poteva offrire la Disney, era quella di un intrattenimento di qualità, protetto. 

Ricordo durante il periodo quando lavoravo in Disney, i plichi di linee guida da seguire, sul linguaggio da utilizzare, sui costumi di scena che dovevano coprire gambe e braccia, mai volgari, mai eccessivi, mai allusivi, che detto così sembra una roba talebana, ma fissava uno standard di qualità, sempre più raro nella progressione scriteriata dei contenuti in pay-per-view. Della berlusconizzazione dei media in Italia e all’estero. Si trattava di standard rigorosi a tal punto che a tante star Disney gli andava in pippa il cervello e lasciavano il canale soltanto per darsi alla pazza trasgressione. Ma fuori dalla Disney. Fuori dalla Disney potevi anche farti le pere di eroina in strada, ma dentro alla Disney seguivi dei codici. Rappresentavi un’idea diversa. Americana, certo, puritana, forse, perfino bigotta. Ma diversa. 

Poi stamattina dal tram scorgo un’affissione che mi lascia sbigottito. Questa:

Dice: “Disney+ è soltanto brava e buona? Certo che no!” e uno still di Pamela Anderson da “Pam e Tommy”. Che poi mi dico, se proprio vuoi dimostrare di non essere soltanto brava e buona, allora anche l’affissione la potevi fare più coraggiosa. E invece no, questa via di mezzo timida con Pamela Anderson che manco avessi fatto una serie su Rocco Siffredi (no?). Succede quando si prova a parlare un linguaggio che proprio non ci appartiene. Come i bimbi quando dicono le parolacce. Fanno soltanto sorridere. 

E dunque. Cestini un sigillo di garanzia lungo cent’anni e passa per offrirmi “deppiù”, come una Netflix qualsiasi (nata l’altroieri), ma poi non hai manco il coraggio di offrirmelo davvero, “deppiù”. Sbaglierò, ma a me sembra un errore clamoroso di comunicazione. Se proprio non puoi fare a meno di avere prodotti come “Pam e Tommy” nel tuo portfolio (comprensibile, per carità), allora almeno il modo in cui lo comunichi dovrebbe essere commisurato allo sforzo commerciale. Almeno. 

Non c'è niente di male ad essere “soltanto” bravi e buoni in questo mondo di figli di buona donna. Il brand Dove è bravo e buono, per citarne uno, e non mi sembra che se la passi male, anzi: fedele a sè stesso è stato in grado di fissare un benchmark per tutto il mercato. Come la Disney un tempo. Macché, oggi vogliamo di più. E ancora di più. Avanti e avanti. Fino a dove?

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