BUM
Ha imparato a dire BUM. È spesso un BUM anticipatorio: sta per buttare per terra il piatto col pranzo, lo annuncia con un BUM. E poi ride. Ma il più delle volte è un BUM postumo: scivola il cane sul parquet, BUM, babbo sbatte l'alluce e trattiene un’imprecazione, BUM, mamma si lancia sul letto, BUM. E poi ride. Ride sempre dopo il BUM. Perchè BUM non fa male, ci spaventa un po’, ma poi ci fa ridere.
Ieri sera poi, dal nulla, qualche deficente ha deciso di far scoppiare un petardo, un bel petardo, che anche noi in casa abbiamo trasalito. Lui ha sgranato gli occhi, ci ha fissati, prima la mamma e poi me, ha detto BUM, ma poi ha pianto, perchè si è spaventato sul serio.
È difficile non suonare retorici in questi casi, ma guardavo un servizio sui bambini di Gaza e tutti dicevano la stessa cosa: non riusciamo più a dormire. A ogni razzo, anche il più distante, vengono scossi dai brividi e dormire diventa impossibile. Hanno gli occhi scavati questi bimbi, come piccoli anziani. Per loro BUM significa morte e quando sentono un BUM non c'è niente da ridere.
Se penso che quei bambini potrebbero essere il mio bambino provo una fitta inspiegabile. Anche soltanto a scriverlo qui, adesso, qualcosa nel torace vibra in modo sinistro. Ride, mio figlio, perchè BUM non fa male, ci spaventa un po’, ma poi ci fa ridere. Ci sono cose che davvero non si riescono a spiegare, ma da qualche giorno, da quando ha imparato a dire BUM, anche se poi ride, a me viene sempre un po’ da piangere. Ma poi sorrido anche io, perchè voglio che rida, è giusto che rida, lui che può. Noi che possiamo. In questa piccola, minuscola, inconsapevole, parte felice di mondo.
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