Ascolto, empatia, esperienza
Delle permanenze in albergo rimangono i grandi fatti e le piccole percezioni. Il rapporto qualità-prezzo in primis: a fronte di una data spesa, cosa ricevo in cambio? Il buon servizio all’accettazione è un fatto. La pulizia delle stanze è un fatto. La varietà della colazione è un fatto. Sono i dati che distinguono una piacevole permanenza da una spiacevole.
Poi ci sono, come detto, le piccole percezioni. Al di là del buon servizio all’accettazione, si può provare la sensazione di essere davvero i benvenuti. Oltre la pulizia della stanza, si può intuire una cura extra nel rifacimento del letto. La colazione può essere sì varia, ma la scelta di una singola materia prima può essere non scontata. Ad esempio.
L’ascolto, mi pare, come anche in molti altri casi nell’ambito dei servizi, è un fattore determinante che può influire in maniera decisiva sulla percezione degli ospiti. Vedendo che posseggo un cane, propormi spontaneamente una ciotola d’acqua è indice di buona osservazione. Al momento di rifare la camera si possono trovare le coperte completamente gettate all’aria: che abbia fatto troppo caldo? Le valigie sono sdraiate in terra: che possano servire dei panchetti?
È dall’empatia che nasce l’ascolto. È dall’esperienza che nasce l’empatia. Bisogna aver pernottato in molti alberghi per offrire un buon servizio all’ospite.
Nella nostra camera d’albergo, il forno ha un orologio digitale che illumina la stanza. Ore e minuti sono separati da due punti lampeggianti. È un dettaglio, non farà la differenza tra un buon sonno e una notte intollerabile. Eppure non sta a noi giudicarlo: al di là di un piccolo fatto può nascondersi una grande percezione.
Di fianco all’orologio digitale è stata apposta una targhetta magnetica con su scritto “Sleep tight”, dormi bene. È fatta per coprirlo durante la notte e garantire un buio completo. Siamo in un tre stelle, non al Mandarin. Ascolto, appunto. Empatia, appunto. Esperienza, appunto. Una piccola percezione che mi farà tornare.
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