verso la dacia

la scorsa notte, erano le tre e mezza (ho guardato l’orologio), mi ha svegliato un sobbalzo del treno. ho alzato la vela del finestrino e stavamo correndo attraverso una bufera di neve. ricostruendo a mente lucida ci trovavamo a cavallo delle alpi tirolesi. la luce diffusa si rifrangeva sugli spilli ghiacciati che andavano a conficcarsi nelle dune nivee e ho creduto di essere il dottor zivago, con la balalaika e geraldine chaplin che mi annunciava il principio di un nuovo capitolo della mia vita. ho proprio pensato “sono il dottor zivago e stiamo andando alla dacia”. è stato bello, per un attimo, credere di essere omar sharif (ma magara), un poeta e medico dal cuore troppo grande per la guerra civile russa.

c’è qualcosa di incredibile in questi tragitti notturni che tagliano l’europa, qualcosa che ci riconnette con una verità letteraria artificiosa eppure estremamente limpida che appartiene a ognuno di noi quanto la ruota e il fuoco.

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