underwater

mi sono svegliato che ero a milano, ho trascorso la giornata a roma, vado a dormire a torino. di certo non è la mia routine, per fortuna. nove ore totali di treno, durante le quali ho principalmente lavorato, concedendomi di ascoltare diversi album che avevo messo in lista e che ancora non avevo avuto il tempo per godermi. sopra tutti underwater di ludovico einaudi, composto durante il primo lockdown del 2020.

di tutta la letteratura, i reportage, i progetti grafici, giornalistici, audio, video, foto, ancora nessuno era riuscito a evocare con tanta nitidezza lo spirito di quei mesi che oggi mi paiono sì distanti e che pur vivacchiano ancora nella nostra quotidianità quasi con pigrizia e, al contempo, con minacciosa continuità.

questo passo ora rapido, ora languido, fatto di suoni conosciuti e suoni alieni, di contaminazioni naturali e di silenzi ovattati, di gesti impressi ora con la foga del timore, ora con la gentilezza della consuetudine. tutto, durante l’ascolto di underwater, mi è ritornato alla mente con stordente vividezza; grazie alla saggezza artistica di quest’uomo la cui opera è sempre caratterizzata da grazia e intelligenza, da un sopraffino spirito di osservazione e da un’ammirevole mancanza di giudizio sulle cose del mondo.

pur non potendomi reputare più che un semplice amatore di ludovico einaudi, oserei dire che questo album è candidato a rimanere nel futuro prossimo una pietra miliare del tempo che abbiamo vissuto; specialmente perché interprete del linguaggio universale, non conoscendo barriere culturali il lessico degli ottantotto tasti, come barriere non ne han conosciute quei tragici ed elettrizzanti mesi del 2020.

parole: 261

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