tranquilli, non morde

come dopo ogni sciagura, appare l’inguaribile ottimismo di quelli che poi, infondo, “non tutti i mali vengono per nuocere”. e così non basta un presidente del senato fascista, un presidente della camera antiabortista, non basta una squadra di ministri vecchia e dello stampo conservatore più retrivo, non basta il crollo di credibilità internazionale, né l’annunciata retromarcia sui diritti che già nelle ultime settimane ha cominciato a oliare gli ingranaggi. ebbene no, niente di tutto questo basta a fermare quelli - e mi riferisco sfortunatamente anche all’opposizione - che già guardano al periodo che ci attende con cieca fiducia, scommettendo sul cosiddetto plot-twist, sbuffando un “ma stai a vedere che —“ col sorrisetto di chi la sa lunga.

mi ricordano, questi sprovveduti, lo smargiasso che ogni sera, intorno alle ventitré, incontro in via ausonio, mentre porta a spasso il suo pastore svizzero da settanta chili senza  guinzaglio. il fenomeno, un pelatone sulla cinquantina, si mantiene pochi passi dietro la bestia, le mani giunte dietro la schiena, e il sorrisino furbo stampato in volto di chi non ha nulla da temere e che sa il fatto suo. certo della bontà del suo animale, il pelatone sceglie quindi di infischiarsene degli avventori che incrociano la sua strada, siano essi genitori con bambini piccoli al seguito, anziani, padroni di altri cani come me o qualsiasi altro tipo di individuo che voglia esercitare il proprio sciagurato diritto di temere i cani. niente, lo smargiasso uno dopo l’altro ci incontra e ci sorride, come a rassicurarci di ciò che lui sa per certo, ma che noi non possiamo assolutamente sapere, vale a dire che la bestia è buona e che non morde. ciò che il pelatone tuttavia ignora - o finge di ignorare - è che ci troviamo difronte a due gradi di incongruenza; la prima che riguarda il cane, è ovvio, che noi non conosciamo e della cui bontà non abbiamo né modo né intenzione di accertarci; la seconda incongruenza per contro riguarda lo smargiasso stesso, che mi è estraneo quanto il cane che lo precede e dunque che mi sorrida o meno per tranquillizzarmi, a me poco importa poiché, non conoscendolo, non ho modo di fidarmi nemmeno di lui.

l’ottimismo del padrone del pastore svizzero si trasforma dunque in una forma irritante di egoismo e di prepotenza, è chiaro, negando a priori l’assunto fattuale e assoluto che di un cane, per definizione, non ci si possa mai fidare al cento percento: trattandosi di un animale, il fatto che non abbia mai morso prima non può escludere una naturale inclinazione all’imprevedibilità che può scaturire anche da un banalissimo spavento e non per forza da un’indole aggressiva. ma lui è ottimista, ci mancherebbe, e dunque il cane non morderà; a noi non resta che adeguarci a questa sua idiota certezza.

ecco, lo stesso vale per i fascisti. vivendo di istinti, che indossino il blasone del progressismo o meno, è e rimarrà sempre un pericolo liberarli del guinzaglio; perché quando morderanno - e morderanno - a poco serviranno le rassicurazioni dei prepotenti che ci avevano sorriso con benevolenza. il fatto che una bestia non abbia mai morso, non la renderà mai sicura. a posteriori la fiducia era irrimediabilmente mal riposta. non affidiamoci al plot-twist di una trama fin troppo collaudata nella storia: non ci si fida mai di un fascista. mai.

parole: 554

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il cinema italiano fa - ufficialmente - schifo

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