mal di mondo
non mi era venuto fin qui, ma ora eccolo. la pandemia recava in dote un fascino concessole dalla portata storica, l’invasione dell’ucraina invece obbligava alla riflessione e allo studio e alla preoccupazione. credevo di averlo scampato, oppure non l’avevo creduto mai veramente.
eppure eccolo qui: il mal di mondo. e lo so ben distinguere da un sintomo ansioso, non è quello. è contemplare il tutto, alla fine di un weekend principalmente trascorso a letto mentre fuori piove; è ascoltare il silenzio e chiedersi se davvero ne valga la pena, come dice houellebecq, di vivere “in un pomeriggio perfetto per morire”. è lasciarsi passare addosso il mondo senza opporre resistenza.
sì, mi fa male il mondo, come direbbe gaber, “più che altro ammettere | che siamo tutti uomini normali | con l'illusione di partecipare | senza mai capire quanto siamo soli.”
insomma, quella roba lì mi fa male. ho letto troppi giornali, tutti insieme, troppe notizie, tutte insieme, tutte brutte, troppo mondo, tutto insieme.
ma son le sigarette che uccidono.
mi ronza il mondo nella testa. mi fa l’eco il mondo nello stomaco. mi brucia il mondo negli occhi. mi scricchiola il mondo nelle ossa, stasera. e non c’è rimedio. bisogna lasciare che il mondo passi, che continui a girare e torni a ignorarmi. forse già domani. forse già tra un’ora.
intanto io mi fermo. e cerco di non dargli più retta. almeno per un po’.
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