il viaggio in treno (pt.1)
non mi posso dire un viaggiatore. ho girato un po’ e troppo presto, prima che mi cogliesse un disturbo ansioso, che mi ha adagiato principalmente entro i confini nazionali. che per carità, sono italiano, poteva andarmi peggio. negli anni ho avuto il privilegio di conoscere come si deve il mio paese. epperò, oltre agli aspetti che del viaggio sono i più ovvi - l’incontro con culture diverse, la curiosità per i costumi locali - sempre mi è mancato il sentimento di intraprendenza e di libertà che il viaggio è in grado di donare. oltretutto, ciò che mi appresto a compiere non è nemmeno un viaggio finalizzato ad una meta particolare, ma è viaggio intrinseco allo spostamento - ulteriore aspetto cui sono nuovo.
un mese fa circa ho infatti deciso di raggiungere la mia compagna in svezia con il treno. non nasconderò che la motivazione principale è legata proprio al sintomo ansioso specificatamente contingente all’aereo, ma seguita in seconda battuta da quella che proprio gli svedesi chiamano flyskam (vergogna di volare) e dunque una motivazione di natura ambientale. a queste due più e meno nobili ragioni si unisce infine il desiderio di riscoprire proprio quell’indipendenza e quella libertà smarrite nel tempo. la speranza di sentirmi di nuovo un ragazzino, come quando nel 2008 affrontai in solitudine la tratta oslo-tromsø, a piedi, in bici, in autostop. ovviamente, in versione ultra-soft, vale a dire in treno.
27 ore filate quindi, tre cambi (zurigo, amburgo, copenhagen), quattro treni, 5 nazioni. a mia disposizione: due film, due libri e i giornali che comprerò durante gli scali. il tutto alla modicissima cifra di 120€, per concessione della tariffa smart europea disponibile su trainline.
mi fa già male la schiena soltanto a pensarci, ma provo al contempo un entusiasmo smarrito da troppo tempo.
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