il dito di dio

come a luglio mi è capitato di ascoltare limoni nel ventennale dal g8 di genova, durante questa ultima settimana ho ascoltato il dito di dio per il decennale dal naufragio della costa concordia. fa bene approfondire questo genere di ricorrenze con formati editoriali come questi. limoni, in particolare, lo avevo apprezzato per il palese coinvolgimento emotivo della sua autrice e voce narrante, annalisa camilli, che guidava l’ascoltatore in una narrazione estremamente fattuale, ma al contempo sentita e sanguigna. di pablo trincia, invece, avevo già potuto ammirare l’operato con il celeberrimo veleno, ormai così mainstream da vedersi dedicata un’intera serie da amazon.

questa ultima fatica ha sicuramente le spalle più robuste, prodotta nientepopòdimeno che da spotify stessa, ma pecca a mio avviso anche di una certa compostezza e di mancanza di coraggio del quale invece il carbonaro veleno abbondava. commovente, certo, ben costruito, il dito di dio (ecco, anche il titolo a me non è che faccia proprio impazzire, con questo richiamo decontestualizzato a maradona, mah) è un bel prodotto, ma che non graffia. se veleno denotava una forte vocazione al giornalismo d’inchiesta, questo lavoro invece è una bella ricostruzione a fine intrattenitivo, ma che - almeno per quanto mi riguarda - non rispecchia quel bel taglio alla trincia che hanno anche i suoi buio e le guerre di anna.

ad esempio: e la costa crociere? niente? non vogliamo proprio spendere una parola sulla compagnia che è stata artefice di questo glorioso disastro? si accenna in principio ai ritmi mostruosi e disumani cui sono sottoposti i dipendenti della nave, ma dell’azienda come responsabile delle gravi disfunzioni a bordo, concause della tragedia, si parla ben poco. forse che un produttore tanto eccellente come spotify non garantisca una pari ampiezza di manovra rispetto a una repubblica pre-agnelliana?

e infine: ma tutta questa ricostruzione commovente su 32 morti in crociera (che, ripeto, vale la pena fare e ricordare e trincia lo fa benissimo) senza accennare neanche in conclusione che di tragedie ben più orrende, nei nostri mari, ne avvengono quotidianamente e che di queste vittime neanche si sanno i nomi, forse sarebbe stato un inciso doveroso. mi si potrà obiettare che “lo scopo del progetto è implicito, nel rimandare il pensiero ai migranti” e va bene, non si ha voluto peccare di pietismo, ma a mio avviso rimane un paragrafo indispensabile a corredare questa narrazione.

che a me poi non piace neanche criticare il lavoro altrui. e il podcast, lo ripeto, mi è pure piaciuto. però, ecco, ste due cosette le volevo dire, perché mi sarebbe piaciuto ritrovarle. come in limoni, che non ha guardato in faccia niente e nessuno e per me rimane uno dei podcast più beli che io abbia ascoltato fin qui.

basta, bravi tutti.

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