heat, tra cortina e populismo

l’idea di metterli intorno a un tavolo, a chiacchierare amabilmente “like two old-timers”, rimane una delle scelte più eccezionali in termini di sceneggiatura del cinema contemporaneo. buono e cattivo, così simili, così fragili, così umani, ma pur sempre buono l’uno e cattivo l’altro - per necessità di scrittura. il coraggio che richiede la messa in scena di un dialogo come quello tra pacino e de niro in heat riesce a sconvolgermi ancora e ancora, rappresentando a distanza di tempo, e in un certo qual modo, la concezione orizzontale del potere che ritroviamo in quest’epoca confusa.

lasciatosi alle spalle la polarizzazione tra buono-buono (americano) e cattivo-cattivo (russo) à la rocky, la visione di mann rispecchia un mondo nuovo, in cui buoni e cattivi si confondono in maniera fluida, condividendo il tavolo di un diner e chiacchierando vis-a-vis davanti a una tazza di caffè. il dialogo di heat segna, almeno così a me pare, il cinema di mezzo tra la guerra fredda e l’ascesa dei populismi, in cui tutto tanto è uguale, destra e sinistra uguale, aggressore e aggredito uguale, vittima e carnefice uguale, tutti a loro modo vittime di un sistema che ha costretto il cattivo a essere cattivo e il buono, per caso - e non per scelta - a essere buono. è l’ascesa di un mondo in cui la scala di grigi si confonde e tutti possono trovarsi intorno al tavolino dello stesso bar, senza squilibri, a darsi appuntamento col destino.

motivo per il quale nella scena finale del film uno dei due muore, ma ha pochissima importanza quale tra loro: forse in pochi film come heat è così irrilevante in conclusione chi vinca e chi perda, non avendo chi vince nulla da vincere e chi perde nulla da perdere.

parole: 291

Indietro
Indietro

cotone locale, prodotto in culandia

Avanti
Avanti

giornata mondiale senza tabacco