amo gli indifferenti

ascoltando la presentazione dell’ultima edizione di “cose” - progetto editoriale realizzato in tandem da ilpost e iperborea - ho incontrato la storia di gianmarco negri. salito agli oneri della cronaca nel 2019 per essere diventato il primo sindaco transgender italiano (a tromello, in provincia di pavia), all’incontro del novembre scorso ha deliziato la platea con un intervento coinvolgente e personale, fornendo un punto di vista sulla materia gender di grande spessore.

ma la considerazione a mio avviso più interessante che il sindaco negri ci fornisce è sul termine di indifferenza.

si tratta infatti di un concetto molto caro alla cultura di sinistra, che tramite il gramsciano “odio gli indifferenti” ha elevato questa parola a un fattore discriminante tra un “noi” e un “loro”; gli indifferenti sono gli altri da “noi”, ovvero coloro che non conoscono l’empatia o che non partecipano: nel migliore dei casi quelli che non votano, i qualunquisti, i benaltristi, i democristiani; nel peggiore ci si riferisce ai razzisti, i sessisti, i fascisti insomma, quelli della legge del più forte. quelli lì, ecco. 

l’episodio che ci racconta negri, d’altro canto, riguarda il servizio di una tv locale (se ricordo bene) che si è recata a tromello per intervistare gli abitanti del paese di quattromila anime in merito all’elezione del nuovo sindaco. l’intento è ammiccante: “cosa ne pensate del nuovo sindaco?”, ergo: “cosa ne pensate voi gente semplice di questa donna che ha transizionato per diventare un uomo, non è tutto estremamente confuso e difficile da capire?” ma la gente non si scompone: “è il figlio della yolanda, la parrucchiera, lo abbiamo visto crescere” e così via fino a questo anziano signore col suo bianchino in mano, che per tutta risposta dà una scrollata di spalle e in sintesi risponde con un “ecchissene”.

anche qui: altro termine in odio alla cultura di sinistra, il me ne frego che più fascista non si può, la scrollata di spalle indifferente, improvvisamente avamposti dell’accettazione dei tempi che cambiano, riassunto del desiderio di normalizzazione delle questioni di genere, sospiro di sollievo di fronte a un sistema mediatico che ancora invece si incaponisce alla ricerca dello scoop e del grido di ribellione di una generazione confusa. 

cosa sto cercando di dire. sto cercando di dire che la sinistra necessita disperatamente di un nuovo lessico, nel quale l’ampiezza di vedute deve comprendere il punto di vista di tutti, a partire dalla revisione di determinate antipatie che hanno oggi l’opportunità di trasformarsi in avanguardia del nuovo pensiero politico. a partire proprio dall’indifferenza, che non necessariamente è sinonimo di mancanza di partecipazione, ma di un’accettazione di ciò che da tempo avrebbe dovuto già rappresentare una normalità sociale. 

la presentazione la trovate, se abbonati, sulla app de ilpost nel capitolo “questioni di un certo genere”.

parole: 457

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