chiudere stasera

chiudere l’ufficio, stasera, senza girare delle chiavi nella toppa mi dà l’impressione di non staccare veramente. domattina mi sveglierò qui, come oggi, come ieri, alla stessa ora, e sarà la vigilia di natale. mangerò, leggerò, guarderò un film, farò due scatoloni, tornerò a letto, come un sabato qualsiasi. poi non è così veramente, ma quasi. che, voglio dire: è così grave? ogni anno si lamentano tutti del natale, di pranzi e cene coi parenti, dei regali, delle luci, dei presepi. certo, anche a me spiace non festeggiare con la mia famiglia, ma voglio dire: è davvero grave? viviamolo come qualcosa di diverso, come un unicum, come un qualcosa che - di fatto - poi (speriamo) non succederà mai più.

chiudere stasera, come ogni volta, mi lascia un senso di vuoto e di istantanea malinconia. metto giù il telefono dopo l’ultima chiamata - quella degli auguri - e mi assale un’istantanea malinconia che non riesco a spiegarmi. penso che non dovrebbe essere così, ma poi non lo so. è stato un anno folle e, nonostante la distanza fisica, si creano legami tanto intensi che finiscono per tramutarsi in uno strano affetto. gestire in gruppo delle emergenze, governare l’eccezionale, navigare lo stesso mare tempestoso, genera un grado di empatia per il quale poi, anche attraverso lo schermo di un computer, non serve più dirsi niente, basta un “eh”, un “già”, un “vabbè” e si è già detto tutto, perché lo si sta facendo insieme. magari sembrano cose ovvie e banali, ma per un lupo solitario come me (specialmente al lavoro) assumono un valore particolare.

chiudere stasera è stato un po’ come non chiudere affatto, come andare a dormire per la prima volta con la porta d’ingresso aperta, anzi - socchiusa, e mi genera un misto di insicurezza e di vulnerabilità. quando mi sveglierò, domani, sarà tutto come l’ho lasciato? che mondo mi si presenterà, domattina, quando aprirò gli occhi?

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