basta ribellarsi, no?

mi è capitato, con colpevole ritardo, di leggere soltanto stasera un articolo su linkiesta a firma del direttore editoriale christian rocca, datato venti marzo e intitolato “dov’è la collera russa?”.

con tutto che a me rocca è spesso piaciuto e che mi reputo un buon lettore della testata da lui diretta, devo dire che ho trovato questo editoriale di una superficialità rancorosa e futile, non degna del curriculum del direttore siculo. 

la teoria di rocca - ormai in voga tra le schiere qualunquiste della destra da bar - è quella che esigerebbe un’insurrezione russa contro il despota, piuttosto che “fuggire all’estero” o “lamentarsi perché instagram non è più accessibile”; una banalizzazione sciocca e scorretta innanzitutto nei confronti di coloro che hanno compiuto la dolorosa scelta di lasciare il proprio paese, decisione che rocca dipinge con la leggerezza di una gita campestre, mentre invece stiamo parlando di decine di migliaia di persone che hanno fatto due valigie e hanno chiuso le porte delle proprie case per timore della china che il regime potrebbe prendere nel prossimo periodo. non serve avere un cuore grande per rendersi conto della gravità di una scelta simile. 

poi il direttore di linkiesta elogia l’ucraino che all’arco della pace ha contraddetto il sindaco sala, il quale dal palco aveva chiosato: “gli ucraini sono nostri fratelli. i russi sono nostri fratelli,” urlandogli contro: “i russi non sono i nostri fratelli!”; posizione comprensibilissima da parte dell’ucraino, meno da parte di rocca, che davvero non ha una ragione al mondo - che a noi sia dato sapere - per non considerare i russi come propri fratelli.

a rocca deve essere sfuggito l’inserto di repubblica del tredici marzo, intitolato “racconto di una guerra”; reportage firmato da emmanuel carrère, che al momento dell’invasione dell’ucraina si trovava a mosca e da lì narra i giorni successivi al ventiquattro febbraio nella capitale russa, dando voce ad un popolo esasperato, terrorizzato, annichilito da una violenza continua che sembra non voler lasciare tregua a questo popolo da tempo immemore. 

sembra non voler considerare, rocca, le innumerevoli testimonianze dei soldati russi al fronte, che nel momento in cui hanno raccontato ai loro parenti in patria degli orrori della guerra, si sono visti emarginare dalle proprie famiglie che, rimbambite dalla propaganda del cremlino, tacciano i ragazzi di tradimento nei confronti della madre patria. 

sembra non voler considerare, rocca, i racconti di quei professori russi che invano hanno tentato di raccontare la verità ai propri studenti e che immediatamente sono stati fatti sparire nelle camionette degli omon.

sembra non voler considerare, rocca, che la russia è un regime autoritario - ogni giorno di più - in cui il suo leader detiene, direttamente o indirettamente, il potere dal 2001, creando uno stato di terrore nei confronti dei propri oppositori che, nel peggiore dei casi, sono stati avvelenati o trucidati sull’uscio di casa. 

insomma, la testosteronica chiamata alle armi del direttore di linkiesta, non si limita soltanto a lasciare il tempo che trova, ma esprime una cecità colpevole difronte all’evidenza repressiva del regime di putin, molto simile a quelle posizioni ottuse che hanno portato - ad esempio - alla sospensione del corso di paolo nori su dostoevskij.

conclude poi così, rocca, la sua intemerata distratta: “le sanzioni economiche che stanno piegando economicamente la russia servono soprattutto a questo, a indicare ai russi comuni l’uscita di sicurezza per scongiurare lo sterminio degli ucraini programmato dal cremlino e dimenticare per sempre l’incubo di un ritorno al passato.”

a suo avviso, dunque, la responsabilità di fermare putin risiederebbe soltanto nelle mani dei russi, la “via d’uscita” che sarebbe loro preferibile per indicare il proprio dissenso, come in qualsiasi democrazia perbene. che sciocchi i nordcoreani a non averci ancora pensato, quando era così semplice: basta ribellarsi a kim jong-un per sovvertire lo status quo, sciocchini! e quei mattacchioni dei congolesi? sveglia! come suggerisce rocca (prendete bene appunti): “basterebbe che il dieci per cento o anche solo il cinque per cento dei cittadini scendesse in piazza, fermasse le fabbriche, occupasse le università per mandare il paese in tilt e costringere gli apparati, i militari e il dittatore a rivedere i propri piani”! facile, no?

ecco, se anche un tipo di giornalismo - che ben si dovrebbe distanziare dalle modalità semplicistiche di una verità qualsiasi e da un approccio quantomeno approssimativo (per usare un eufemismo) à la feltri - comincia a scrivere scemenze simili, vuol dire dovremo davvero privarci di certo giornalismo d’opinione, per lo meno in frangenti tanto delicati come quello cui stiamo assistendo, in cui è un attimo cavalcare gli istinti e condurre i lettori impauriti lungo chine pericolose. 


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