Per fortuna?

Fino a non molto tempo fa ero l’uomo degli assoluti. Ricordo ancora un’animata discussione nell’estate del 2019, in cui mi definivo convintamente a favore della pena di morte. Per dire.

Eppure leggevo allora molto più di adesso, andavo regolarmente a teatro e guardavo una media di un paio di film al giorno. Da un ragazzo con quel grado di immersione culturale ci si sarebbe forse aspettati un poco di sensibilità in più, immagino.

Me ne accorgo ancora oggi, quando mi trovo a cene o a feste con vecchie conoscenze, riconosco ancora in molti degli astanti, fugaci sguardi diffidenti, di chi guarda un mezzo matto. Avevo opinioni su molto, sempre polarizzate, sempre incrollabili, nette, assolute. E chi non la pensava come me, diventava una facile preda sulla quale avventarmi per accesi dibattiti.

Più che la cultura, infondo, fanno le esperienze di vita - c’è poco da stupirsi.

E quando mi ricapita di pensare alla persona che ero, provo immediatamente un moto non di repulsione, ma certamente di estraneità, di stupore, per la grande distanza che c’è oggi tra quel ragazzo e me.  Dura un tempo molto breve, però, questa sensazione di fastidio, per lasciare spazio alla nostalgia, bella e buona, per quella combattività, per quella passione sempre accesa, sempre infocata, di chi intende vivere prendendo a morsi il mondo. Quella particolare caratteristica, è chiaro, non tornerà più indietro. Per fortuna? Chi lo sa. Certo il mondo non ha bisogno di un altro scimunito che difende la pena di morte nel 2024. Ma a volte ho la sensazione di incontrare pochissime persone di carattere, magari esagerate, chiassose, arroganti, ma pur sempre incisive e che stimolino l’uditorio ad arrischiarsi fuori da un’area di confort. Quello sì, mi manca. Ma infondo non sono più io. Chissà dove se ne è andato a far danno, quel bandito. Beato lui.

parole: 304

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