Non è New York

C’è spazio per tutti, in questa città. Non ho mai conosciuto un luogo con una diversità simile, di una complessità simile, composta di molteplici nuclei con identità individuali, con linguaggi ed estetiche individuali, come se di chilometro in chilometro si visitasse una città nuova e nuova ancora. Come un’esposizione universale, dove ogni padiglione è stato assemblato a seconda di identità artificiali, ma poi tu sempre a Rho Fiera sei.

“Stadtmitte”, il centro della città, esiste, dà pure il nome a una fermata di metropolitana, ma rimane un centro geografico, tirato col righello, perché qui centri non ce ne sono, o meglio ce ne sono innumerevoli, tutti solidi, tutti indipendenti. Sorgerebbe spontaneo il paragone con New York, ma poi a me la Grande Mela ha dato un’impressione molto differente, dove New York come città, con la sua identità preponderante accoglie tutte le identità individuali sotto un unico cappello, in modo arbitrario, muscolare. “Datemi i vostri stanchi, i vostri poveri, le vostre masse,” come sta scritto alla base della Statua della Libertà, ma poi è una lista della spesa di forza lavoro a basso costo. Qui no, qui è diverso, nello stesso quartiere, ma che dico: nella stessa strada, in un edificio può dimorare la media borghesia e dirimpetto la famiglia di operai; poco più in là la casa di un calciatore. Niente a che vedere coi ghetti americani.

Per farsene un’idea, di questa galassia di mattoni, la corsa è un ottimo mezzo. Sedici chilometri in linea retta, da est a ovest (non a caso), bastano per vedersi scorrere difronte questi innumerevoli mondi, in un tempo ristretto che non dia modo di abituarsi mai per più di una manciata di minuti a questo o a quel quartiere.

Chissà per quanto poi, perché questa città già soltanto dieci anni fa non era la stessa e fra dieci sarà ancora differente, e sebbene oggi - mi confermano - abbia perso già molto del suo smalto, io ancora mi godo le briciole di una diversità che si sta smarrendo, anche per colpa di nuovi cittadini come noi.

Anche a quello era servito il Muro: a bloccare il cambiamento. Con i suoi pro. Con i suoi contro.

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“Il linguaggio dello spirito”