Gaza, Vietnam

Quante volte si è detto e letto e sentito che una generazione impegnata come quella dei nostri genitori non tornerà più. Che movimenti come quello contro la guerra in Vietnam facevano parte di un’adesione su vasta scala a dei principi, oggi impensabile? E invece vedi che difronte all’orrore, alla violenza, al sangue innocente, i giovani, gli studenti, ancora le bloccano le università, ancora si scontrano con la polizia, ancora fanno parlare di sé in tutto il mondo. E ancora oggi, come allora, sono “pochi violenti”, sono “scansafatiche”, sono “privilegiati” e tutti gli altri epiteti per delegittimare l’impegno dei ragazzi.

Che la causa piaccia o meno, eccoli gli studenti: agitati, impegnati, rumorosi. Di nuovo indignati, di nuovo arrabbiati, di nuovo pronti a lottare. E che li si delegittimi è soltanto un buon segno: vuol dire che picchiano dove il dente duole.

Era tempo che si risentissero, gli studenti. Altro che generazione social: non protestano a suon di hashtag, ma pestano contro i portoni delle università. E pestano forte. Buon segno.

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