Caro stronzetto
Nell’albo di maturità ognuno aveva una sua pagina dove i compagni potevano scrivere un breve pensiero. Mi è sempre rimasto in mente il commento di uno stronzetto crucco al quale non andavo a genio, a causa di certe mie esternazioni sulla Germania (che, col senno di poi, tanto strampalate non erano - ma questa è un’altra storia). Pazienza, non il primo, non l’ultimo. Eppure scrisse una cosa che ciclicamente mi torna ancora alla mente.
Parafrasando dal tedesco: “Quando si ritiene di dover parlare, varrebbe la pena esser certi di avere qualcosa di assennato da dire.” Una piccola cattiveria, poca roba.
La verità, tuttavia, è che lo stronzetto - nel suo immenso nulla, chissà che fine ha fatto - qualcosa di giusto lo aveva detto.
Stacco.
Scuola Holden, 2016. Alessandro Baricco conclude una sua lezione dicendo questa cosa qui: “Scrivere è come suonare uno strumento. Non si diventa musicisti senza suonare qualche ora al giorno. Allo stesso modo non si diventa scrittori senza scrivere tutti i giorni. E per l’amor di dio: esponetevi. Quello che rimane nel cassetto è prezioso, ma senza condividerlo vi crogiolerete nel pensiero che sia bello. O brutto. Senza imparare nulla.”
Questo insegnamento di Baricco mi ha molto guidato negli ultimi anni, forzandomi a fissare - in qualsiasi forma - delle parole, quotidianamente. Poi queste parole si sono trasformate nelle 129 di questa newsletter. Ho scritto sempre, quando ero stanco e quando ero in viaggio, quando ero malato e anche - soprattutto - quando non avevo niente da dire. Non è stato semplice, ma si è rivelato essere un esercizio spesso salvifico, proprio per la sua difficoltà: pubblicare queste righe è stato fondamentale per far sì che la scrittura non restasse un semplice esercizio di stile, ma che si offrisse al giudizio e all’interpretazione altrui.
Caro stronzetto, ebbene sì: ho scritto anche quando non avevo nulla di assennato da dire. Diciamo che ho dato retta più a Baricco che a te, spero non me ne vorrai.
Poi però, vuoi il lavoro, vuoi il bambino, le ore di queste giornate si sono drasticamente ristrette. Tra i vari sacrifici che ho dovuto operare, ho smesso di leggere, che è sempre stata la mia benzina, non soltanto per la scrittura. Le ore del giorno, alla fine, quelle sono.
Devo riprendermi un tempo rarefatto, scarso, stanco, per trasformarlo in vita nuova e, purtroppo, dovrò rinunciare alla regolarità di queste righe.
Quindi per quest’anno hai vinto tu, caro stronzetto, scriverò soltanto quando avrò qualcosa di assennato da dire. Prendilo come un regalo di Natale in ritardo di sedici anni. Intano tornerò alla mia amata lettura.
Perché alla fine della fiera è anche vero che Baricco scrive tutti i giorni perché ha il privilegio di aver fatto di una passione il proprio mestiere. E poi ce l’ha nel sangue. A noi amatori, invece, questa manciata di lettori non paga le bollette. Purtroppo.
Grazie per aver tollerato con tanta regolarità le mie scemenze. Si faranno un po’ più rade, con la speranza di compiacere qualche stronzetto. Che, per inciso, immagino in disgrazia. Infelice e solo, con la dissenteria cronica. Ma come si suol dire: anche l’orologio rotto…
parole: troppe.