Amico di tutti, amico di nessuno
Un testimonial serve a dare credibilità a un marchio e a rafforzarne le vendite. È come se il brand - che altro non è che una facciata, un logo e un insieme di concetti - deputasse la propria immagine a un individuo terzo, qualcuno che il pubblico conosce, del quale il consumatore si fida. Ci mette la faccia, insomma, dice “Se ti fidi di me, compra questo prodotto.”
Cosa succede però se un testimonial, diciamo uno dei volti dello sport più noti al mondo, presta la propria immagine a qualsiasi brand? alla promozione di qualsiasi prodotto? Anche di quelli che non riguardano in minima parte la sua attività, ciò per cui è celebre, le ragioni per le quali - fin qui - è stato reputato “credibile”, affidabile.
Non sono riuscito a trovare una lista aggiornata di tutte le partnership attive di David Beckham, ma sarei pronto a mettere una mano sul fuoco che l’ex calciatore abbia stabilito un nuovo record. Beckham pubblicizza tutto, presta il suo volto a chiunque lo paghi, dai profumi ai barbecue, dalle piattaforme di online marketing alla birra, dagli orologi al caffè in capsule. Ma anche all’interno della stessa categoria merceologica: dall’haute couture al fast fashion. Beckham è amico di tutti e presta la sua immagine al miglior offerente. Ma a che prezzo? Fino a quando il suo volto avrà credibilità agli occhi del pubblico, se non viene mai fatta un briciolo di selezione all’ingresso? Bello rimarrà bello ancora a lungo, non è questo il suo problema, ma quando uno è amico di tutti, va a finire che non è davvero amico di nessuno. Ci abitueremo a vederlo ovunque, in continuazione, fino a quando non lo vedremo più. Alla centesima pubblicità, alla millesima affissione, al milionesimo brand al quale presterà il suo bel sorriso, il suo sguardo tenebroso, cosa ce ne faremo della sua parola? della sua promessa del miliardesimo prodotto degno di fiducia?
Ma, Beckham, ha bisogno di soldi? Dobbiamo preoccuparci? David, fai un cenno con la mano se ti stanno tenendo contro la tua volontà.
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