il paradosso dello scalatore

pensavo. ma non è strano il rapporto che certi influencer hanno con i brand? mi spiego. senza fare nomi, ma seguo un paio di scalatori e climber con svariate decine di migliaia di follower. questi incentrano gran parte del loro posizionamento e del loro content sulle tematiche ambientali: il rispetto per la montagna, i valori dello sport, della vita all’aperto, l’amore per gli animali, ecc. 

e fin qui. 

poi però hanno gli sponsor, che fanno capolino a piè sospinto sul loro feed. parliamo di brand di outdoor chiaramente, attrezzatura tecnica, abbigliamento sportivo, fino a prodotti per il benessere. 

ecco. odio dirlo, ma questi prodotti inquinano. non serve che ripeta la solita tiritera del modern slavery act e della filiera sostenibile, ma conoscendo i brand in questione, questi ben poco si sposerebbero con il posizionamento dei suddetti influencer. 

il fatto è che questi sportivi fino a poco tempo fa, molto semplicemente, non sarebbero stati sportivi, e questo perché lo sport non era un mestiere. lo è diventato, ai livelli che conosciamo oggi, solo grazie al supporto dei brand. 

il paradosso in questione ha vita ancora breve ed è retaggio di un modo vecchio di pensare la comunicazione. la mancanza di coerenza tra messaggio e contenuto ha i giorni contati, in attesa che i gen z acquisiscano un potere d’acquisto consistente abbastanza da non premiare più né i brand, né gli influencer in questione. 

poi arrampicherete in pigiama. vedi il bene che ti fa.

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